Videochiamata in cella per Saulle Politi, scatta l'allarme evasione

Inchiesta della Dda, negati i permessi al boss detenuto a Larino

Videochiamata in cella per Saulle Politi, scatta l'allarme evasione
di Roberta GRASSI
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Venerdì 10 Marzo 2023, 08:11 - Ultimo aggiornamento: 10:00

Lo hanno sorpreso in una cella del carcere di Larino, dove si trova recluso, mentre effettuava una videochiamata con un telefonino. Si parla di Saulle Politi, di Monteroni, ritenuto elemento di spicco della Scu salentina. Ed è la ragione per cui gli è stato revocato in extremis ogni permesso (dapprima concesso con prescrizioni) per recarsi al cimitero a trovare il padre morto un mese fa.


Le indagini della Dda

Sull'episodio indaga la Dda di Lecce, con il procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi. Il cellulare è stato naturalmente sequestrato e sarà sottoposto a perizia per verificare l'elenco delle chiamate. E per comprendere, oltretutto, se Politi fosse l'unico a utilizzarlo. L'episodio, considerato il personaggio, viene considerato con particolare attenzione dagli inquirenti. È ormai noto che nelle carceri riescano a entrare dispositivi che consentono ai detenuti di mantenere un contatto con l'esterno. Non si esclude che, fatte le dovute valutazioni, si possa ipotizzare ora una richiesta di inasprimento del regime carcerario.
La vicenda risale proprio ai giorni in cui le condizioni del padre di Politi si sono aggravate.

Questa è la cronistoria. Il 10 febbraio la Corte d'Appello di Lecce ha autorizzato il detenuto a recarsi a funerale già celebrato e a tumulazione avvenuta, a casa e al cimitero. Purché scortato e con manette ai polsi, dettaglio questo che denotava una certa meticolosa attenzione sul tema sicurezza e quindi, per logica, l'esistenza di una valutazione sulla pericolosità di Politi.


Da Larino, però, il 16 febbraio, è giunta una nota destinata alla Procura antimafia.
L'uomo è stato trovato in possesso di uno smartphone. Lo stava utilizzando quando i poliziotti penitenziari sono entrati nella cella. Stava effettuando una videochiamata. A quel punto la direzione del carcere ha espresso le proprie perplessità riguardo all'eventuale "traduzione" di Politi, il trasferimento con il blindato da Larino a Monteroni.


È stato quindi il procuratore della repubblica di Lecce, appreso l'accaduto, a non dare più esecuzione al permesso di necessità. Ritenendo che vi fossero gravi motivi di sicurezza. Il sospetto, posto nero su bianco alla Corte d'Appello, è che l'esponente della Scu, condannato nel frattempo con sentenza definitiva dalla Cassazione, potesse aver elaborato un piano di evasione. La sentenza della Suprema corte, infatti, è stata emessa il 24 febbraio, qualche giorno dopo. E il rischio che egli potesse sottrarsi al regime di detenzione, alla carcerazione che è scaturita dalla sentenza Labirinto (20 anni di reclusione).
Insomma, gli inquirenti stanno monitorando con estrema attenzione tutti i fenomeni di comunicazione con l'esterno che provengono dall'interno del carcere e che naturalmente non sono leciti.


Mercoledì scorso è stato arrestato un uomo di Afragola, a Lecce, che possedeva 18 telefonini oltre a circa 40 grammi di cocaina e 200 grammi di hascisc. L'arresto in flagranza è scattato dopo i sequestri della polizia penitenziaria. Il pm di turno, Maria Consolata Moschettini ne ha chiesto la convalida. Il gip Alcide Maritati ha ritenuto di disporla. L'uomo, a quanto si apprende, stava scontando a Lecce una condanna di dieci anni per associazione mafiosa di stampo camorristico. Il fenomeno, insomma, è sottoposto ad analisi. Nei casi più gravi, e in quelli che - almeno all'apparenza - lo sono meno. Il filone delle comunicazioni tra i detenuti per mafia e l'esterno, desta particolare interesse proprio per la sua diffusione e per la gravità delle conseguenze.
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