Plastica in spiaggia: divieti ignorati e zero controlli. I sindaci: «Poche risorse»

Plastica in spiaggia: divieti ignorati e zero controlli. I sindaci: «Poche risorse»
di Paola ANCORA
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Mercoledì 24 Luglio 2019, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 08:48

Salento plastic free? Facile a dirsi, difficile a farsi. L'ordinanza balneare emanata lo scorso aprile dalla Regione Puglia è rimasta largamente inattuata in tutta la provincia leccese.
Pochi, pochissimi imprenditori hanno mandato la plastica in soffitta, quasi nessun Comune ha attivato i controlli sugli stabilimenti e sulle spiagge libere per verificare che pugliesi e turisti non utilizzino contenitori, posate o utensili in materiale plastico, altamente inquinante, per i loro pic nic o pranzi al sacco con vista mare: mancano le risorse, di denaro e di personale, per far fronte a questa nuovo compito, che suona come una vera e propria sfida.

Si stima, infatti, che il 77% dei rifiuti nel mare sia costituito proprio da plastiche di ogni tipo. Per questo, il 5 giugno scorso il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Ue hanno adottato formalmente la direttiva 904, che obbliga gli Stati membri dell'Unione a prevedere, entro il 3 luglio del 2021, leggi e misure adeguate a contrastare e ridurre l'uso della plastica monouso, in favore di prodotti e materiali innovativi e compostabili. Così facendo, si conta di abbattere i danni ambientali provocati dall'industria della plastica e stimati in 22 miliardi di euro entro il 2030; di generare risparmi per i consumatori pari a circa 6,5 miliardi di euro e di impedire l'emissione in atmosfera di 3,4 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
Quale contributo sta dando il Salento al raggiungimento di questo ambizioso obiettivo? Per il momento, nessuno, o quasi. E questo, nonostante la Regione sia stata la prima, in Italia, a dotarsi di una ordinanza ad hoc che è stata largamente condivisa e che, all'articolo 3, recita: «Sulle aree demaniali marittime pugliesi, al fine di favorire la sostenibilità ambientale delle spiagge e preservare l'ambiente marino, è vietato l'utilizzo di contenitori per alimenti, piatti, bicchieri, posate, cannucce, mescolatori per bevande non realizzati in materiale compostabile, se monouso».

Una pioniera, dunque, ma solo nelle buone intenzioni che Karl Marx docet lastricano la via che conduce all'inferno. A evidenziare dubbi e problemi sull'applicabilità del provvedimento sono i sindaci. A cominciare da Carlo Salvemini, primo cittadino di Lecce, capoluogo con 22 chilometri di litorale e oltre 30 stabilimenti balneari. «Siamo certamente interessati a farci promotori della campagna plastic free, ma temo che porre una sfida di così ampia portata sia complicato da affrontare sulle spalle fragili degli Enti locali. Per questo evidenzia alcune ordinanze risultano poi come pistole scariche».

Far applicare la legge senza una iniezione di risorse, economiche e di personale, diventa insomma impresa impossibile. La pensa così anche Massimo Lecci, sindaco di Ugento. «Noi abbiamo 14 chilometri di spiaggia, come dovremmo fare chiede a controllare anche l'uso della plastica con le centinaia di segnalazioni di abusivismo commerciale che riceviamo durante i mesi estivi?». La coperta è troppo corta, in particolare per Ugento e Salve che, insieme, sono state escluse dal progetto Spiagge Sicure del Viminale e dai relativi finanziamenti. «A scrivere ordinanze siamo tutti bravi prosegue Lecci ma ai provvedimenti vanno affiancate le risorse, perché non si amministra la cosa pubblica per spot. Le cose o si fanno sul serio o non si fanno. Il tema della plastica è certamente importante, ma prima dobbiamo pensare alla sicurezza, alle altre priorità che i Comuni costieri devono affrontare».

Scetticismo anche da parte di Marcò Potì, primo cittadino di Melendugno il cui litorale va da Torre Specchia a Torre Sant'Andrea. «Questa ordinanza presenta diversi problemi, non ultimo quello degli approvvigionamenti dei nuovi materiali biocompostabili da parte degli stabilimenti, che hanno evidentemente delle scorte da smaltire».

Per ora, anche Melendugno ha chiuso un occhio ed evitato controlli accurati nei lidi e sulle spiagge libere. «Vorrei provare insieme ad AssoTur, che riunisce i nostri 22 concessionari spiega Potì - a costituire un gruppo di acquisto per ridurre i costi. Mentre sulle spiagge libere, con l'ausilio delle pattuglie dei vigili, potremmo cominciare una attività di sensibilizzazione rivolta a turisti e villeggianti nostrani, perché provvedano gradualmente ad adeguarsi alle norme. La legge c'è e non ammette ignoranza, è vero - chiude Potì ma non è ancora entrata nella quotidianità delle persone».

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