"Negro, torna in Africa" e giù botte con la mazza da baseball: condannati tre giovani

"Negro, torna in Africa" e giù botte con la mazza da baseball: condannati tre giovani
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Giovedì 13 Maggio 2021, 05:00

Prima gli insulti per il colore nero della pelle, poi le botte con una mazza da baseball. Sette anni e mezzo di reclusione: è la pena inflitta a Luca Cesaria, Giuseppe Pellegrino e Cristian Lazzari, di 27, 25 e 34 anni, di Trepuzzi, con l’accusa di avere picchiato selvaggiamente tre giovani della Sierra Leone e di avergli rapinato due catenine d’oro, del valore di 140 euro, armati di coltello.

"Negro, torna in Africa"

 

«Bastardo, torna in Africa, negro di m....», le parole che sarebbero state usate quel 30 settembre del 2018 davanti ad un bar di Trepuzzi: lo ha ricordato una delle vittime testimoniando in aula nell’udienza dell’1 marzo scorso.
La condanna inferta dai giudici della seconda sezione penale (presidente Pietro Baffa, a latere Silvia Saracino e Bianca Todaro) ha previsto anche le pene accessorie dell’interdizione perpetua dagli uffici pubblici, nonché il risarcimento dei danni alla vittima costituitasi parte civile con l’avvocato Luigi Renna. Rapina, lesioni volontarie e del porto abusivo di arma da taglio e di arma impropria, le accuse emerse dall’inchiesta condotta dai carabinieri della stazione di Trepuzzi e per le quali il pubblico ministero Alberto Santacatterina ha invocato la condanna ad otto anni di reclusione a testa.

L’assoluzione, ed in subordine il minimo della pena, è stata chiesta dagli avvocati difensori Marco Pezzuto, Giordano Bacile Di Castiglione e Vincenzo Miglietta.

Le botte e le minacce


«Bumma, questo il soprannome di Cesaria,  mi afferrò e mi sbattè a terra. “Bumma” lo chiamavano così gli altri. Noi dicemmo, cosa state facendo, non abbiamo fatto niente», una parte del racconto fatto in aula da una delle vittime. «E loro ci risposero: negro di m..., non ti vogliamo vedere qua». Il testimone ha raccontato che “Bumma” ritornò nella loro Alfa Romeo rossa e prese un coltello ed un mazza da baseball. Uno dei tre aggressori lo fermò quando sollevò l’arma, ma intanto si prese colpi di mazza che lo fecero finire in ospedale. «Non intervenne nessuno, per chiedere l’intervento dei soccorsi e dei carabinieri fummo costretti a raggiungere il nostro datore di lavoro». Non è stata contestata l’aggravante dell’odio razziale, secondo la ricostruzione dell’accusa avallata dalla sentenza di primo grado, Pellegrino brandì il coltello, Cesari avrebbe anche lui maneggiato il coltello ed anche la mazza da baseball, Lazzari avrebbe colpito con calci e pugni i tre ragazzi stranieri. 

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