Pesca illegale di oloturie, condannati a sei anni un imprenditore e sette pescatori

Pesca illegale di oloturie, condannati a sei anni un imprenditore e sette pescatori
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Venerdì 28 Gennaio 2022, 18:42 - Ultimo aggiornamento: 29 Gennaio, 08:54

Sei anni di reclusione e 100mila euro di multa ciascuno: è la condanna inflitta dal giudice Francesca Mariano nei confronti delle otto persone - un imprenditore di Gallipoli e sette pescatori professionisti - imputate per aver prelevato dai fondali del litorale jonico e delle marine di Lecce ben undici quintali di oloturie (conosciute anche come cetrioli o "pizze" di mare), «cagionando con ciò abusivamente un deterioramento significativo del tratto di mare ove le stesse vivevano in elevatissimo numero, con conseguente alterazione della biodiversità della fauna e della flora», come recita il capo di imputazione dell’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone con i militari della Guardia costiera ed i finanzieri della Compagnia di Gallipoli.

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I nomi

Condannati l’imprenditore Davide Quintana, 37 anni, di Gallipoli, titolare dell’azienda “Pizza marina” (difeso dagli avvocati Ladislao Massari e Michele Lembo) ed i pescatori subacquei professionali Damiano Barba, 48 anni, di Gallipoli (avvocato Luca Laterza); Cosimo Carroccia, 51 anni, di Gallipoli (avvocato Massimo Cavuoto); Pietro Carroccia, 54 anni, di Gallipoli (avvocato Francesco Piro); Salvatore D’Aprile, 50 anni, di Nardò (avvocato Tommaso Mandoi); Gino Stapane, 50 anni, di Nardò (avvocati Mandoi ed Emanuele Simone); Gabriele Faenza, 34 anni, di Gallipoli (avvocato Laterza); e Luigi Fiore, 43 anni, di Gallipoli (avvocato Biagio Palumbo).

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Il commento del procuratore

«La sentenza di oggi - ha commentato il procuratore Leonardo Leone De Castris - è di una importanza eccezionale perché per la prima volta affronta e risolve il tema delicatissimo della tutela dell'ambiente marino.

Il merito di questo traguardo va integralmente attribuito all'impegno della dottoressa Elsa Valeria Mignone che ha creduto fino in fondo alla prospettazione accusatoria,ottenendo questo brillante risultato».

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