Perizia bis sul killer di Daniele ed Eleonora: «Lucido mentre li uccideva». E sul diario scriveva: «Tornerò a uccidere e poi mangerò patatine»

Perizia bis sul killer di Daniele ed Eleonora: «Lucido mentre li uccideva». E sul diario scriveva: «Tornerò a uccidere e poi mangerò patatine»
di Erasmo MARINAZZO
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Lunedì 5 Luglio 2021, 21:43 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 16:04

Disturbo di personalità narcisistico sì. Nessuna patologia psichica che potrebbe avere condizionato Antonio De Marco quando la sera del 21 settembre dell’anno scorso ammazzò con 79 coltellate gli ex coinquilini Eleonora Manta e Daniele De Santis, 30 e 33 anni. Lo ribadiscono i consulenti della Corte d’Assise di Lecce, il professore Andrea Balbi e lo psichiatra Massimo Marra, nelle 11 pagine di perizia sul quaderno fatto ritrovare dai difensori dell’imputato e sugli scritti recuperati nella cella del carcere di Borgo San Nicola dove il 22enne di Casarano studente di Scienze infermieristiche si trova dalla sera del 28 settembre. 

Cosa dice la perizia


«Dai numerosi scritti di De Marco che descrivono stati emotivi, riflessioni, decisioni e conseguenti azioni, si delinea in assoluta chiarezza e completezza lo stato psichico. Con evidente esclusione di autismo o psicosi e mantenimento delle funzioni dell’Io, che sono connesse alla capacità di intendere e di volere»: sono queste le conclusioni della consulenza depositata ieri mattina, alla vigilia dell’odierna udienza in cui verranno ascoltati otto testimoni citati dal pubblico ministero della Procura di Lecce, Maria Consolata Moschettini. Fra questi anche alcuni fra i carabinieri del Nucleo investigativo e del Ros che fermarono De Marco sette giorni dopo la strage di via Montello.
Dunque, il professore Balbi e lo psichiatra Marra dicono ancora che Antonio De Marco fosse consapevole di ciò che stava facendo quando uccise ed infierì sulla giovane coppia nella casa dove aveva vissuto fino a un mese prima. A queste conclusioni arrivano analizzando alcuni passaggi del manoscritto ed alcuni di quegli sfoghi riportati sui foglietti da block notes cestinati e poi recuperati dalla polizia penitenziario.

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Le frasi choc

Come questo, catalogato come “foglio 13” in cui dichiara esplicitamente il movente del duplice delitto che ha cancellato le vite di una coppia di ragazzi felici: «Quando odio la mia vita, la odio. Io ho ucciso Daniele ed Eleonora perché volevo vendicarmi, perché la mia vita doveva essere così triste e quella degli altri così allegra? Perché non mi sono sentito padrone di fare qualcosa di divertente?». Queste le considerazioni degli esperti incaricati il 18 maggio dal presidente Pietro Baffa (a latere il giudice togato Francesca Mariano ed i giudici popolari) di esaminare quaderno ed appunti, accogliendo la richiesta degli avvocati difensori Giovanni Bellisario ed Andrea Starace. «Da sottolineare come la memoria dell’episodio delittuoso sia pienamente presente, il che indica senza ombra di dubbio la piena consapevolezza al momento del fatto ed esclude momenti di depersonalizzazione connessi ad esso».
Ed ancora sul “foglio 14” la fredda ammissione della, possibilità di tornare ad uccidere se non fosse stato recluso: «E la cosa peggiore è che sento che se fossi all’esterno il mio impulso di uccidere sarebbe ritornato, sarei scoppiato a piangere, mi sarei arrabbiato, avrei fantasticato su come uccidere qualcuno e poi sarei andato a comprare patatine e schifezze varie. È facile per me uccidere è facile, magari non lo è stato da un punto di vista logistico ma da un punto di vista emotivo è facile. Ma se uccidere non mi ha fatto ottenere nulla, allora probabilmente sentirei l’impulso di farlo». Le considerazioni degli esperti dicono sia dell’assenza di empatia che della “piena consapevolezza nell’attuazione del delitto». L’uccisione è definita come come scarica della rabbia, a come un elemento con possibilità di ciclicità: «E quindi ripetizione: stress-depersonalizzazione-rabbia-riorganizzazione dell’Io-delitto come scarica della rabbia».

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