La storia/Alessano, Papa Francesco tra i rifugiati siriani: appello contro la guerra

La famiglia siriana
La famiglia siriana
di Donato NUZZACI
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Sabato 21 Aprile 2018, 03:15 - Ultimo aggiornamento: 09:30

Casa distrutta dalle bombe e con la documentazione personale andata persa, a causa del sanguinoso conflitto, sono fuggiti dalla Siria alcuni anni fa e hanno trovato riparo nel vicino Libano. È la storia di un’intera famiglia di cinque persone originaria della città di Aleppo, che si è presentata ieri ad Alessano davanti a Papa Francesco, il quale prima di arrivare nel Salento aveva espresso la volontà di incontrare sul palco, uomini e donne in difficoltà, in particolare alcuni immigrati, rifugiati politici e richiedenti asilo della zona intorno ad Alessano.
E quella dei siriani è una storia - così come tante altre - di paura, precarietà e crisi. Scappati in Libano, sono approdati in un campo profughi dove hanno trovato una iniziale serenità ma hanno dovuto fare i conti con una situazione economica altalenante e il fatto di vivere in un territorio differente da quello di origine. Dopo quattro anni, hanno ottenuto una nuova destinazione, stavolta in Europa. Attraverso un corridoio umanitario sono arrivati a Roma il 7 dicembre del 2017 e qui
 riconosciuti come rifugiati politici.
La loro situazione - come racconta l’operatrice-accompagnatrice Anna Serafino - è stata quindi presa in carico dallo Sprar in particolare dal progetto di Tiggiano gestito dal Gus (Gruppo umana solidarietà). Ieri, queste cinque persone siriane hanno potuto avere un colloquio veloce ma intenso con il pontefice al quale, dopo il rituale baciamano, hanno consegnato una copia della “Lettera al fratello marocchino” di don Tonino distribuita nel frattempo dal Gus tra tutti i fedeli presenti all’evento, chiedendo a Sua santità un appello contro la guerra in corso.
«Dimmi marocchino. Ma sotto quella pelle scura hai un’anima pure tu? - si legge in un passo della lettera di don Tonino -. Quando rannicchiato nella tua macchina consumi un pasto veloce, qualche volta versi anche tu lacrime amare nella scodella? Conti anche tu i soldi la sera come facevano un tempo i nostri emigranti? E a fine mese mandi a casa pure tu i poveri risparmi, immaginandoti la gioia di chi li riceverà? E’ viva tua madre? La sera dice anche lei le orazioni per il figlio lontano e invoca Allah, guardando i minareti del villaggio addormentato? Scrivi anche tu lettere d’amore? Dici anche tu alla tua donna che sei stanco, ma che un giorno tornerai e le costruirai un tukul tutto per lei, ai margini del deserto o a ridosso della brugheria?».
Alle parole di don Tonino è seguita l’eco di Papa Francesco che sul palco nel suo intervento rivolgendosi ai fedeli ha parlato della «vocazione di pace che appartiene alla vostra terra, a questa meravigliosa terra di frontiera - Finis-Terrae - che Don Tonino chiamava “terra-finestra”».
«Perché dal Sud dell’Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo, dove “i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre di meno”. Siete una “finestra aperta, da cui osservare tutte le povertà che incombono sulla storia”, - ha detto Francesco - ma siete soprattutto una finestra di speranza perché il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un’arca di pace accogliente».
Accanto ai siriani, nelle prime file c’erano altri individui che vivono in centri vicini. Alcuni africani originari del Mali come Giadi Abrama e del Benin, Oussou Junior Olivier: «Non conosciamo molte cose su di lui, ma vogliamo studiare il pensiero di don Tonino, perché il suo è un messaggio che ci trasmette forza», hanno confessato. Poco più in là, tra le sedie anche una famiglia pakistana e dei richiedenti asilo con operatori del progetto Sprar di Alessano Gus.

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