Falesie crollate a causa
di nuovi stabilimenti?
Maxi perizia della Procura

Falesie crollate a causa di nuovi stabilimenti? Maxi perizia della Procura
di Erasmo Marinazzo
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Martedì 26 Giugno 2018, 05:00
C’è un rapporto di causa ed effetto fra l’insediamento degli stabilimenti balneari sulla costa a Sud di Otranto ed i crolli della falesia? Cercano una risposta le indagini della Procura di Lecce sui tre lidi sequestrati l’anno scorso in località “Cerra”: il “Twiga” che voleva fare da traino al turismo dei ricchi promosso dal manager Flavio Briatore. “La Dolce Riva” lì accanto, in voga ormai da una decina d’anni. Ed un altro stabilimento che, come il “Twiga”, non ha mai aperto i battenti perché bloccato dalla magistratura: il “Salento Beach”.
Tre fascicoli su una stessa area, la scogliera di “Cerra”. Ed una consulenza: quella depositata venerdì scorso dal geologo incaricato dalla Procura. I contenuti sono segretati visto che questo accertamento non è stato esteso agli indagati dei tre fascicoli.
Certo è che darà una risposta su cosa sia accaduto in questi anni di espansione degli stabilimenti balneari in quel tratto di costa rocciosa fra la città di Otranto e le spiagge a Nord. Ossia quale sia stato, per “La Dolce Riva” e quale potrebbe essere stato il peso del carico urbanistico su una zona caratterizzata da scoglio friabile, con crollo della falesia anche lungo la costa a confine con le marine di Melendugno.
E’ stata fatta in pratica una radiografia del sottosuolo di contrada “Cerra”, con particolare attenzione alla parte che affaccia sul mare. Per capire se lì sotto la roccia sia compatta oppure poco adatta a sostenere il peso di strutture come piste da ballo, piscine, bar, ristoranti, cabine e decine di lettini destinati ad ospitare - è il caso del “Twiga” - oltre 500 ospiti al giorno.
«La faraonica dimensione delle opere», è la definizione usata dal Tribunale del Riesame (presidente Pia Verderosa, relatore Antonio Gatto, a latere Anna Paola Capano), nell’ordinanza con cui il 27 febbraio scorso ha respinto la richiesta di annullare il sequestro preventivo del giudice per le indagini preliminari Michele Toriello: faraonica per le attrezzature e gli arredi con un investimento di oltre due milioni di euro. Strutture che, insieme a quelle degli altri due lidi vicini, il geologo incaricato dalla Procura ha valutato per stabilire se possano o meno condizionare la stabilità della scogliera.
Perché una consulenza geologica? Si è trattato del naturale sviluppo delle indagini. Ossia, i sopralluoghi e le relazioni della Polizia provinciale e dei carabinieri della Forestale, come anche della consulenza Urbanistica dell’ingegnere Antonio Fiorentino. Il tecnico, ossia che ha messo in luce che pur prendendo per buoni gli accessi al mare per un maxi stabilimento (pensati invece per facilitare la balneazione, con servizi minimi di bevande, sdraio ed ombrelloni), non ne sono previsti proprio in quella porzione di costa.
Ci sono poi i segni evidenti dei crolli: quelli segnalati dalla polizia provinciale con il sopralluogo del 12 aprile dell’anno. Il distaccamento di una parte della scogliera del “canalone”, il fiordo che si insinua nella costa su cui si stava realizzando il “Twiga”. E la falesia crollata il 3 dicembre scorso, davanti ad una delle passerelle.
Se la Procura ha ritenuto di conferire una consulenza geologica è anche perché la pericolosità di quel tratto di costa era noto da quasi 20 anni: risale al 2000 la prima ordinanza dell’ufficio circondariale marittimo di Otranto. Quella ricordata dal Tribunale del Riesame: «Con decorrenza immediata e fino a nuovo ordine, la fascia demaniale marittima di 15 metri dal ciglio del costone roccioso compresa fra masseria Cerra ed il punto foraneo (lato Sud) dell’insenatura ubicata immediatamente a Sud della Torre Santo Stefano, è interdetta al transito ed alla sosta di persone e veicoli in genere».
Motivi recepiti anche dal Comune di Otranto con l’ordinanza del 2013 dell’ufficio Tecnico di interdizione “delle aree soggette a fenomeni di dissesto idrogeologico ed erosione costiera, potenzialmente pericolosi per la pubblica utilità».
Ed ancora, la Capitaneria di Porto di Otranto estese il divieto nell’“area demaniale denominata il “Canalone”, compresa tra il villaggio la Staffa e Masseria Cerra: navigazione, sosta ed ancoraggio di natanti ed imbarcazioni, balneazione, nonché per qualsiasi altra attività si superficie e subacquea. Fino ad una distanza di 50 metri.
E, dunque, il parere fornito dal geologo alla Procura finirà sia per influire sulle conclusioni delle inchieste e gli eventuali processi, che sulla possibilità che i tre stabilimenti di località “Cerra” possano un giorno funzionare.
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