Otranto-Leuca, vertice sulla ciclopedonale. Rutigliano: «La bellezza di una strada da tutelare con auto, moto e bici»

L'appuntamento giovedì in Provincia con associazioni ed enti locali sul progetto finanziato dal Cis. Intervento dell'ex presidente di Italia Nostra

La litoranea Otranto-Santa Maria di Leuca
La litoranea Otranto-Santa Maria di Leuca
5 Minuti di Lettura
Martedì 11 Aprile 2023, 13:19 - Ultimo aggiornamento: 15:24

Un dibattito pubblico per il progetto sulla strada ciclopedonale da Porto Badisco (Otranto) a Santa Maria di Leuca. Si terrà giovedì prossimo alle 10.30 l’incontro presso la Provincia di Lecce con le associazioni del territorio per discutere degli interventi necessari alla realizzazione dell’infrastruttura. La convocazione punta a eliminare le eventuali criticità di un’opera che cambierà il volto alla litoranea adriatica salentina, rendendola più sicura, fruibile e di grande attrazione per il comparto turistico. Ad essere convocati al tavolo che si aprirà in mattinata, sono stati i rappresentanti delle associazioni ciclistiche, escursionistiche, ambientaliste oltre alla Camera di Commercio. Lo scopo è quello di procedere speditamente nella progettazione del tracciato finanziato con 52 milioni di euro nell’ambito del Contratto Istituzionale di Sviluppo (Cis) “Brindisi-Lecce-Costa Adriatica”. Sulla questione della convivenza auto-moto-bici pubblichiamo un intervento di Oreste Rutigliano, già presidente nazionale di Italia Nostra e autore del libro “Strade storiche - monumenti da salvare”.

Oreste RUTIGLIANO
Ho ben conosciuto in auto ed in bici la Otranto-Santa Maria di Leuca. L’ho apprezzata quale strada “panoramica” che seppe inserirsi senza esibizionismi e con rispetto in un paesaggio eccezionale. Merita in pieno l’inserimento tra le strade più belle d’Italia. Ed anche tra le strade storiche rotabili.
Sono sconcertato dalla lettura del progetto di fattibilità presentato dalla Provincia di Lecce per la fruizione ciclopedonale della costa “Otranto-Santa Maria di Leuca”, finanziato con 22 milioni di euro.
Oggi, se mi fosse concesso, ne farei quella che gli inglesi chiamano una “quiet road”: una strada dove tutti, grazie alla bassa velocità consentita, possano convivere e godere insieme di visioni, atmosfere e paesaggi mirabili.

E cioè auto ed automobilisti per le quali è nata, insieme a ciclisti in particolare, e anche pedoni. Tutti insieme rispettosamente. Questo obiettivo è facilmente raggiungibile grazie alle recenti tecnologie, ove un sistema di autovelox in costante attività di tutoraggio sia in grado di scoraggiare qualunque follia velocista ad auto e moto.

Vi sono esempi come quello della modernissima ed ampia galleria Castellammare-Vico Equense, dove un occhiuto sistema di controllo elettronico, che esige i 60 km all’ora, ha trasformato i napoletani in svedesi. E gli esempi si vanno moltiplicando. Ma vogliamo fare 50? E vada per i 50 km all’ora.

Tagliare, invece, la strada a metà per dividerla tra auto da un lato e ciclisti sul lato mare sarebbe come dividere malamente una torta. E fare di un cosa ben fatta un ircocervo. In questo caso di strada eminentemente turistica, ma anche di collegamento, non è che possiamo dividere il mondo in ciclisti e automobilisti. Nelle varie occasioni siamo l’uno o l’altro. E va considerato che, da una certa età in poi o per alcuni da sempre, molti non possono accedere ai piaceri della bici. Che senso avrebbe privare tanti cittadini di “quei panorami”, se non a costo di penalizzarli, pur facendo parte delle categorie più deboli?

Dopo questo atto di equità, mi dedicherei a “restaurare” la bella e oramai storica strada (la tratta Otranto-Santa Cesarea compie 70 anni proprio nel 2023). Grazie alla bassa velocità consentita e assicurata, andrei a sradicare gli assurdi guardrail messi nei primi anni duemila che superano l’altezza di una persona, che oscurano tutto e restituiscono un ambiente metallico e scostante. Quindi a seguire andrei a ricercare ogni possibilità per aprire delle piazzole belvedere o per la sosta e per le possibili discesa a mare.
La “modernità è saper conservare” ed in questo caso conservare la bellezza originaria per passare a migliorarla con i veri ingredienti di una “strada parco”, ad iniziare da uno studio floro-paesaggistico per esaltare il percorso con gli alberi e con gli arbusti propri della flora mediterranea. Cosa assai necessaria dopo Castro, dove i bei muri di bianca pietra calcarea che delimitano le proprietà private andrebbero estesi a definire con eleganza la strada ed a contenere a monte la terra per la messa a dimora di arbusti e piante per il verde di arredo.

Mi convince assai meno invece la nenia ricorrente della “sostenibilità” che vedrebbe nella contrapposizione auto-bici un salto in avanti verso il progresso. La sostenibilità si sostanzia nell’assicurare quanto più possibile la purezza di immagine dei luoghi: ben rappresentata da quelle foto tra Otranto e Santa Cesarea nelle quali si abbraccia l’intera baia e la terra che scivola a mare tra prato e rocce. Dove tutto ciò che è in aggiunta al levigato fondo stradale è assolutamente ultroneo e fuori luogo. Togliere piuttosto che mettere.

Si prospettano in alternativa invece milioni di euro per illuminazione notturna e ricarica di automezzi elettrici, WiFi, attrezzi per la fitness e osservatori astronomici. Ma veramente dobbiamo far altro, mentre già una gita in bici ci prende in tutto e per tutto in questa avventura? Non è qui il momento per staccare la spina! E di notte con tutte le moderne lampade di sicurezza, non sarebbe il momento di riveder le stelle e i bagliori notturni del mare?

Vedo nei progetti presentati alla Provincia di Lecce un eccesso di arredi che da subito appaiono eccessivi e omologanti, per i quali servirà una manutenzione che sappiamo non sarà mai assicurata.

A fronte di una strada oramai storica che rispettava l’ambiente, si punta a una manipolazione con tutta una serie di attrezzi, oggetti, segnali indicazioni all’eccesso che non lo rispettano. Anzi lo danneggiano con la omologazione ad oggetti di design, nati con e per l’ambiente urbanizzato delle città, anzi delle sue periferie.
Confido dunque che ci sia in campo una cittadinanza conscia della delicatezza dei luoghi, della loro ricchezza e bellezza paesaggistica, che punti a soluzioni nelle quali meno intrusioni della civiltà urbana si inseriscano, meglio si andrà ad operare a vantaggio della propria terra.

Confido nella politica che sappia riconoscere la moneta buona da quella cattiva.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA