«Dolce Riva, abusi edilizi». Lido sequestrato, tre indagati

«Dolce Riva, abusi edilizi». Lido sequestrato, tre indagati
di Erasmo MARINAZZO
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Mercoledì 13 Dicembre 2017, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 12:10
Nuovo sequestro di uno stabilimento balneare creato ad Otranto con la norma chiamata “accesso al mare”. E pure questo situato in contrada “Cerra”, dove si trovano anche il “Twiga” del promotore del turismo dei ricchi, Flavio Briatore. Ed il “Salento Beach”. Ieri mattina i sigilli sono stati messi al “La Dolce Riva” di Igor Cantoro, una delle strutture più raffinate ed ambite delle estati idruntine: copertura in legno con bar e ristorante. Prato all’inglese con lettini ed ombrelloni in legno e tessuto. Davanti le insenature della baia caratterizzate da un mare turchese, dietro la vasca per la piscina.
Tante stelle e tanti like sui social, per questa struttura. Da ieri mattina è chiusa a tempo indeterminato: sulla costa a Nord della città i carabinieri della Forestale e la polizia provinciale guidati dal tenente colonnello Antonio Massaro e dal dirigente Antonio Arnò. Sigilli alla struttura e notifica del decreto di sequestro probatorio del pubblico ministero Antonio Negro. Lo stesso magistrato appena nominato procuratore aggiunto di Brindisi, titolare delle inchieste sul “Twiga” e sul “Salento Beach”. Il magistrato che si sta concentrando sulle norme tecniche di attuazione degli accessi al mare varate dall’amministrazione comunale di Otranto.
Tre gli indagati per gli abusi edilizi che sarebbero stati commessi forzando l’idea alla base di quella norma: noleggio di ombrelloni, gazebo e lettini, nonché somministrazione e vendita di alimenti e bevande, per agevolare la fruizione di tratti della costa meno accessibili rispetto ma quelli sabbiosi. C’è l’amministratore, fra gli indagati: Igor Cantoro. Il progettista de “La Dolce Riva”. Ed un socio di Cantoro al quale non è stato ancora notificato il decreto di sequestro probatorio.
 
L’inchiesta corre parallela a quella sul “Twiga” che ha avuto il sigillo del Tribunale del Riesame (respinta la richiesta di dissequestro) e che, per scelta dei difensori degli indagati, non è approdata in Cassazione.
Si dovrà, dunque, stabilire nel contraddittorio fra accusa e difesa, se su quella spianata potesse essere creata una struttura con servizi come ristorante, bar, piscina, lettini ed ombrellone. Oppure se l’accesso al mare preveda sì servizi, ma con strutture amovibili nel corso della stessa giornata, di dimensione ridotta e che non modifichino l’andamento morfologico dell’area.
La posta in gioco è alta. Anche questa. Come per il “Twiga” ed il “Salento Beach”. Per questo è prevedibile che l’amministratore dia battaglia nelle aule giudiziarie.
Intanto la Procura di Lecce continua nel monitoraggio di tutte le strutture sorte grazie alla norma chiamata accesso al mare. Nella convinzione che ci possano essere state ancora interpretazioni ampie della stessa.
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