Clan, estorsioni e manifesti elettorali Chiesti 64 anni
Chiesti 8 anni per Sergio Marti

Clan, estorsioni e manifesti elettorali Chiesti 64 anni Chiesti 8 anni per Sergio Marti
di Erasmo MARINAZZO
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Lunedì 14 Maggio 2018, 14:56 - Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 11:48

LECCE - «La Sacra corona unita ha avuto a Lecce il monopolio assoluto delle affissioni dei manifesti durante la campagna elettorale delle comunali del 2012. Come un vero e proprio ramo di impresa del clan di Pasquale Briganti detto Maurizio». Sono le parole del procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, Guglielmo Cataldi, nella requisitoria che ha visto chiedere complessivamente 64 anni di reclusione per gli otto dei dieci imputati del processo nato dall’operazione “Eclissi”.
Quello che si è occupato anche di Scu e di cosa avrebbe fatto per ritagliarsi una fetta nel business della campagna elettorale del 2012. Una condanna e una assoluzione ha invocato il magistrato per i due imputati sotto processo con l’accusa di essersi adoperati con i candidati e con le segreterie politiche per portare introiti nelle casse delle Scu: 8 anni di reclusione sono stati chiesti per Sergio Marti, 45 anni, di Lecce, che risponde sia si associazione mafiosa che di estorsione aggravata dalla mafiosità: «Piena responsabilità di Marti. Nelle intercettazioni telefoniche appare come la figura centrale: gestisce lui le affissioni. E se concede qualche manifesto ad altri lo fa solo per questioni di opportunità, perché si rende conto dei problemi cohe potrebbe comportare il monopolio».
Chiesta l’assoluzione per Mario Blago, 65 anni, di Lecce, “per non aver commesso il fatto”, imputato di concorso esterno nell’associazione mafiosa: «Su Blago qualche dubbio ce l’ho. Si è interessato dei problemi del territorio e aveva una certa dimestichezza con i politici. Ma questo non è oggetto di contestazione».
Il magistrato ha voluto chiarire ai giudici della seconda sezione penale (presidente Pasquale Sansonetti, a latere Fabrizio Malagnino e Saracino), e lo ha fatto all’inizio e alla fine della requisitoria che il processo potrebbe essere stato condizionato da elementi esterni: «Ripeto: mai contestato il voto di scambio. Non ve n’era prova. O il sostegno elettorale a uno o all’altro partito. E’ stato contestata unicamente la gestione monopolistica delle affissioni».
E i politici sfilati in aula per dire di non avere avuto mai a che fare con i due imputati e, qualcuno di non conoscerli? Poca importanza hanno avuto queste affermazioni per il titolare dell’inchiesta “Eclissi” condotta con i poliziotti della Squadra mobile: «Abbiamo ascoltato Paolo Perrone ed Alberto Maritati, entrambi candidati sindaco. Tuttavaia il candidato sindaco non si occupa della distribuzione dei manifesti elettorali. E tantomeno decide chi debba occuparsene e quanto gli spetti».
Il procuratore aggiunto Cataldi ha affrontato anche un altro dei nodi di questo processo: la testimonianza in aula del farmacista Alfonso Migali. Sostenne di non condividere l’impostazione dell’accusa sulle minacce ricevute da Sergio Marti per costringerlo a rivolgersi a lui, e non ad altri, per l’affisione dei manifesti. Il magistrato ha citato una serie di intercettazioni telefoniche che dimostrerebbe il contrario di quanto ha riferito l’allora candidato al consiglio comunale.
Parte civile l’amministrazione comunale. L’avvocato Tiziana Bello il danno procurato alla città di Lecce dalla Sacra corona unita: «Sono stati lesi beni come la libertà di operare in regime di concorrenza ed il buon andamento della pubblica amministrazione. E’ stato creato un clima di intimidazione e di paura che rischia di rendere meno attraente una città che del turismo fa una delle sue principali fonti di reddito».
Si torna in aula mercoledì prossimo per le ultime arringhe difensive degli avvocati Antonio Savoia, Ladislao Massari, Stefano Prontera, Stefano Pati, Cosimo Rampino, Paolo Cantelmo, Alessandro Stomeo, Roberto Dimitri Aymone e Valerio Centonze. Seguirà la sentenza.

 

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