I vicini in rivolta contro il ritorno dell'assassino
«L'ha uccisa in quella casa, non può tornarci»

I vicini in rivolta contro il ritorno dell'assassino «L'ha uccisa in quella casa, non può tornarci»
di Katia PERRONE
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Domenica 21 Ottobre 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 08:47
Hanno persino scritto al presidente della Repubblica: «Non vogliamo qui tra noi quell'uomo». La memoria di Teresa Russo deve essere rispettata. Non la si può uccidere un’altra volta.
Lo sostengono e lo mettono nero su bianco i condomini di via Generale Papadia, a Trepuzzi. Trenta firme dei vicini e degli inquilini del condominio del civico 8 dove venne uccisa, lo scorso luglio, con 41 coltellate dal marito Teresa Russo.
Si dicono indignati e sconcertati dalla possibilità che l’uomo, Michele Spagnuolo, ora ai domiciliari presso l’abitazione del fratello, a Taranto, possa chiedere di ritornare per scontare la sua pena nella casa coniugale, dove ha posto fine alla vita di sua moglie.
Così con una lettera indirizzata, tra le altre autorità, anche al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «chiedono all’unanimità che tale possibilità sia assolutamente negata, poiché ritengono inappropriato e non rispettoso abbassare lo sguardo o semplicemente incrociare lo sguardo con un uomo che solo due mesi fa ha deciso di togliere la vita alla moglie, amica e vicina di casa da più di vent’anni».
Permettere al 77enne di ritornare nella sua casa «sarebbe come uccidere Teresa un’altra volta nella dignità di donna». «È inaccettabile – scrivono ancora i vicini di casa – che quell’uomo possa ritornare nella casa dove si respira e si sente ancora odore di sangue, quell’appartamento non può e non deve diventare “con falso consenso” il rifugio di un uomo incapace di amare. Si lotta quotidianamente per insegnare ai figli, agli uomini di domani, che amare non è possesso, non è violenza, non è femminicidio».
Hanno ancora il ricordo vivido di Teresa i suoi vicini, e con accorato affetto nei suoi confronti, e con tono fermo e deciso al tempo stesso rivolgono una semplice domanda a chi potrebbe accogliere la richiesta di Michele Spagnuolo. «Spontanea sorge una domanda – scrivono ancora – come giustifichereste ai vostri figli il repentino ritorno a casa del signor Spagnuolo, colui che solo due mesi fa con il suo aberrante gesto ha sconvolto il sano concetto di amore e di famiglia? Si confida pertanto nella vostra professionalità, senso critico e umanità, nel considerare e dare importanza a questo grido di aiuto».
E prima di chiudere la lettera, nella speranza di essere ascoltati, chiedono «di conferire con chi di competenza, affinché le famiglie del condominio e vicinato non debbano perdere la serenità e debbano tutti i giorni vivere in uno stato emotivo e psicologico traumatico».
Un grido di aiuto, quello dei vicini della povera Teresa, vittima di femminicidio, uccisa il 16 luglio scorso, in un caldo ed afoso pomeriggio estivo dopo l’ennesimo litigio, ma anche la manifestazione di un sentimento di paura al solo pensiero di incontrare lo sguardo di un uomo, reo confesso dell’omicidio della moglie 57enne.
Contiene tutto questo la lettera scritta a più mani l’8 ottobre scorso. «Non importa perché lo abbia fatto – concludono – quel che importa è avere la certezza che egli sia un uomo che compensa con violenza e aggressività l’interazione con gli altri».
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