Il killer reo confesso di Lecce incontra la sorella per la prima volta: «Antonio, racconta tutta la verità»

Il killer reo confesso di Lecce incontra la sorella per la prima volta: «Antonio, racconta tutta la verità»
di Erasmo MARINAZZO
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Domenica 4 Ottobre 2020, 20:56 - Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 15:55

«Racconta tutta la verità. Prenditi il tempo necessario per fare ordine nei ricordi. Collabora per sgombrare il campo da qualsiasi dubbio. Le mezze verità non servono a nessuno. Neanche a te». È il messaggio portato dalla famiglia De Marco al loro Antonio, 21 anni, di Casarano, in cella da lunedì sera della scorsa settimana con l'accusa di avere ammazzato con 75 coltellate gli ex coinquilini Daniele De Santis ed Eleonora Manta nella loro casa di Lecce.

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È arrivato dalla sorella maggiore Mariangela l'invito a guardare dentro se stesso e a dare chiarimenti anche a quelle domande rimaste senza risposta durante l'interrogatorio di lunedì sera con i magistrati della Procura di Lecce e con i carabinieri e a quello di convalida di giovedì con il giudice per le indagini preliminari Michele TToriello

Mariangela De Marco è rimasta a parlare un'ora con il fratello nella cella del carcere di Borgo San Nicola di Lecce, in cui si trova ora, da solo, in regime di sorveglianza continuata. Il primo incontro con la famiglia dopo quasi una settimana, la famiglia che ha voluto mostrare così il suo sostegno, la sua vicinanza, e che delle sue sorti giudiziarie si era interessata la stessa sera del fermo nominando l'avvocato Giovanni Bellisario (coodifensore con Andrea Starace).

 

La famiglia che si è messa dalla parte della verità. Con discrezione, non ha cercato attenuanti al duplice omicidio confessato da ragazzo, piuttosto gli chiede di rivelare ancora i lati oscuri di questa tragedia. Quali? Il movente, innanzitutto. Perché lunedì sera negli uffici dei carabinieri del comando provinciale di Lecce Antonio De Marco ha detto testualmente: «Durante la permanenza nell'abitazione mi aveva dato fastidio qualcosa. Ho provato e accumulato tanta rabbia che poi è esplosa. Non sono stato mai trattato male. La mia rabbia, forse, era dovuta all'invidia che provavo per la loro relazione. Non avendo molti amici e per il fatto che trascorro molto tempo in casa da solo mi sono sentito molto triste». Rispondendo poi alle domande del giudice che ha insistito più volte per cercare di venire a capo del movente, De Marco ha ribadito che avesse accumulato tanta rabbia ma senza indicare la ragione, un episodio o una serie di episodi scatenanti. Anzi ha ribadito di essere stato trattato sempre bene nella permanenza nella casa di via Montello, al 2, dove la sera del 21 settembre ha ucciso la giovane coppia. Tant'è che nell'ordinanza di convalida l'assenza di un movente dichiarato ha indotto il giudice a parlare di vittime scelte a caso.

Al movente sono collegate ancora altre questioni non chiarite. Le chiavi: perché De Marco conservò una copia dell'appartamento quando il 28 agosto lasciò la camera presa in affitto, pur essendo al corrente di non potere più tornare ad abitare in quella casa poiché Daniele ed Eleonora stavano per dare il via ai lavori di ristrutturazione per andare ad abitarci insieme? Ed ancora: perché infierire con 38 coltellate su di lui e 36-37 su di lei? Solo rabbia?
Un capitolo a parte sono i cinque foglietti di bloc notes persi nel piazzale del condominio durante la fuga: riportano gli appunti del piano per sorprendere Eleonora e Daniele, legarli, torturarli, ammazzarli e - una delle piste seguite dagli inquirenti - farli a pezzi.

L'indagato non ha ancora chiarito il contenuto di quegli appunti. Ossia, del perché accendere tutti i fornelli e mettere l'acqua a bollire; di cosa scrivere sul muro, del perché indicare acqua bollente e candeggina per lui e per lei, del perché slacciare le scarpe ed infine di 30 min. caccia la tesoro.
Intanto ieri Antonio De Marco non ha chiesto di avere in cella la televisione né di leggere i giornali, ma solo dei libri. Tra quelli che gli sono stati dati e che sono in dotazione alla libreria del carcere c'è anche un opuscolo di preghiere che il cappellano del carcere dona ai detenuti.
 

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