Omicidio del carabiniere: «Sarebbe andato a vivere con la sua compagna. Così si è scatenata la furia del killer»

Omicidio del carabiniere: «Sarebbe andato a vivere con la sua compagna. Così si è scatenata la furia del killer»
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 5 Novembre 2021, 11:46 - Ultimo aggiornamento: 19:41

Avrebbero trascorso l'estate insieme nella casa presa in affitto a Torre Lapillo, Elisabetta Aportone e Silvano Nestola. A partire dall'1 maggio e fino ad almeno il 31 agosto. La ragazza lo aveva annunciato ai suo genitori già da marzo. È un altro degli indizi della ricostruzione della Procura di Lecce e dei carabinieri che ha fatto finire in carcere una settimana fa Michele Aportone, 70 anni, di San Donaci, padre di Elisabetta, con l'accusa di avere sparato i quattro colpi di fucile da caccia a pallettoni e pallini che la sera del 3 maggio uccisero a Copertino Silvano Nestola, 46 anni, del posto, maresciallo dei carabinieri in congedo da otto mesi.
Ed ancora: la mattina del 4 maggio quando vennero sequestrati tre fucili da caccia nella casa dei coniugi Michele Aportone-Rossella Manieri (indagata anche lei, senza vincoli sulla libertà personale), l'uomo sostenne di non avere avuto mai nulla da ridire sulla relazione della figlia con Nestola perché desiderava solo che fosse felice. Quello stesso giorno tuttavia, una loro parente rivelò ai carabinieri di avere visto Michele Aportone urlare davanti alla casa della figlia, consapevole che fosse in compagnia di Silvano Nestola: “ti uccido”, le parole che si ritrovano nelle oltre 2.000 pagine del fascicolo dell'inchiesta condotta dai pubblici ministeri Paola Guglielmi ed Alberto Santacatterina con i carabinieri del Nucleo investigativo e del Ros di Lecce.

Le indagini


In attesa che l'avvocato difensore Francesca Conte chieda l'interrogatorio di Procura e depositi l'istanza di annullamento della misura cautelare al Tribunale del Riesame, questi indizi sono entrati a fare parte delle indagini indirizzatesi subito sui coniugi Aportone-Manieri una volta appresa la loro ostilità alla relazione avviata dalla figlia Elisabetta con Silvano Nestola. Una avversione, confermata, peraltro, da diverse testimonianze. Anche quella della parente che si presentò spontaneamente ai carabinieri per riferire di avere sospetti sul padre e sulla madre di Elisabetta perché attribuivano la fine del suo matrimonio al legame stretto con Nestola. E di quella volta che l'uomo avrebbe proferito senza mezzi termini minacce di morte.

La verità di Aportone


Tutt'altra verità riferì Michele Aportone quando fu sentito in caserma il 4 maggio: «Ho sempre esortato mia moglie a non immischiarsi nella vita di mia figlia e di mio genero. Nulla so, non ho mai parlato a mia figlia di fatti attinenti alla sua relazione con tale Silvano. Qualunque cosa lei abbia scritto via Whatsapp con Silvano relativa alla mia persona, è frutto di invenzione. Non mi sono mai intromesso in quanto volevo sostanzialmente la felicità di mia figlia». Non meno rilevante viene ritenuta la decisione di Elisabetta di andare a vivere con il nuovo compagno. Anche perché l'omicidio è stato consumato proprio in quei giorni, quei giorni in cui il legame sarebbe stato sancito ufficialmente.
Siamo sempre sul fronte dell'accusa, in attesa che la difesa fornisca una interpretazione diversa degli stessi indizi ed una diversa ricostruzione.

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