«Noemi uccisa due volte: prego Dio che non sia vero»

«Noemi uccisa due volte: prego Dio che non sia vero»
di Anna Manuela VINCENTI
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Domenica 18 Febbraio 2018, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 16:32

Ogni giorno sono i parenti di Noemi Durini a chiudere il cimitero di Specchia. Fare visita alla loro piccola, che gli è stata strappata via quel maledetto giorno di settembre a soli 16 anni, è diventato un appuntamento quotidiano per tentare di sentirla ancora vicina, ancora presente nelle loro vite piegate in due dal dolore.
E visto che ogni giorno sono gli ultimi a staccarsi dalla sua tomba sono diventati quasi dei i custodi silenziosi del posto, di cui accostano le porte prima di andar via.
Noemi Durini, uccisa lo scorso 3 settembre dalla follia omicida del fidanzato, riposa in un sepolcro al centro del cimitero, un angelo in pietra che sostiene una corona di fiori con una foto particolarmente dolce della ragazza, scelta dalla sua amata nonna. Quella tomba è  il simbolo dell'amore per Noemi: ricorda la cameretta di un’adolescente, piena di fiori e di ricordi di ciò che le piaceva, comprese le moto che Noemi adorava.
Si percepisce nei piccoli oggetti che la giovane era amata da tutti, piccoli ricordi lasciati lì ad indicare un pensiero, un saluto insieme a una preghiera per la sua vita brutalmente interrotta. Ma in quel monumento funebre c'è anche tutta l’impotenza dei famigliari ma anche della comunità intera di impedire una tragedia avvenuta quasi sotto i loro occhi, sentendo su di sé la responsabilità per non aver potuto e saputo come salvarla da quel destino atroce.
Attorno al dolore quella che circonda il ricordo di Noemi è una famiglia unita nonostante il divorzio dei genitori, nel tentativo di non lasciarla mai sola. Un’atmosfera amorevole anche nel dolore che ha ripreso a bruciare come il primo giorno in queste ore, dopo l’esito dell’autopsia che ha certificato l'asfissia come causa della morte svelando che Noemi venne sepolta ancora viva dal suo carnefice mentre implorava pietà.
Zia Federica, la sorella del papà, è la prima ad arrivare: in lacrime ricorda che Noemi ogni sabato andava da lei «ed ora sono io che devo venire a vederla qui, chi l’avrebbe mai detto», dice la donna sconvolta.
«Non voglio credere a quello che c’è scritto sui giornali - prosegue tra le lacrime - voglio sperare che la nostra piccola, almeno, non si sia accorta di quello che le stesse accadendo. Impossibile, ripete, lei che era così forte, così energica non può essersi arresa così”. Si affidano a questa minuscola speranza: l’idea che la povera Noemi fosse ancora viva squarcia il cuore in due. Fino all’ultimo si spera in un errore dei medici, della stampa. Tra una preghiera e l’altra si parla di questo, intanto arriva zio Rocco fratello della madre. Lo zio accende le candeline sparse intorno alla tomba di cui a turno si prendono cura. I ricordi sono tanti, come quello di quando, nonostante il ginocchio ferito, Noemi attraversò il paese per salutare gli zii». «A quell’età non se la meritava questa fine. Lei era tanto innamorata nonostante noi l’avessimo avvisata. Nell’ultimo periodo, però, anche lei si era accorta che qualcosa non andava».
Poco dopo è papà Umberto ad arrivare. «Noemi era un raggio di sole - racconta, - salutava sempre tutti, era allegra e gentile».
Va a salutare la figlia, toccando teneramente la pietra che ne contiene i resti. Nemmeno lui ha avuto il coraggio di leggere i giornali. Ha chiesto conferma al suo avvocato, il quale gli ha risposto che solo mercoledì si sapranno i risultati definitivi rispetto a quanto già trapelato e si aggrappa a quel filo di speranza: almeno che non abbia sofferto viva tra quelle pietre.
 
Umberto Durini ripercorre gli ultimi periodi della vita di Noemi, quando cercò l’aiuto degli assistenti sociali che non furono in grado di fare il loro lavoro, ricorda quando lui andò a cercare il padre del ragazzo sperando di rasserenare gli animi e far sì che i due potessero ritrovare un po’ di pace. Tutto gli scorre davanti come un film visto mille volte, le ultime tracce dell’amata figlia, una giovane anticonformista ma con un cuore grande.
Umberto Durini ripensa a quando la sua piccola usciva da scuola ed andava trovare un ragazzo disabile, e ora, è lui che viene ogni domenica a trovarla in questo posto. «Si è scritto tanto, sottolinea, ma la verità è che lei si è trovata nel posto sbagliato e soprattutto si è fidata dell’uomo sbagliato».
Gli ultimi sviluppi hanno fatto ripiombare il paese nello sconforto. Non se ne parla ma la cappa di angoscia è tangibile nel Bar di Piazza del Popolo, accanto a Palazzo Risolo spesso, frequentato dalla famiglia della ragazza dove a volte evitano anche di comprare i giornali proprio per proteggerli dal dolore.
Un’angoscia che ovviamente non si percepisce solo a solo a Specchia, ma anche Montesardo, il paese del ragazzo, dove in tanti non si capacitano di quello che è accaduto maturando sotto gli occhi di tutti.

E nella consapevolezza che occorrerà molto tempo per lasciarsi alle spalle l’accaduto.

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