Nell'inchiesta sulle primarie sotto la lente l'ex Enel di Lecce

Nell'inchiesta sulle primarie sotto la lente l'ex Enel di Lecce
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Domenica 1 Dicembre 2019, 14:38
Tra i progetti che la Procura di Bari e la guardia di finanza stanno controllando per verificarne la regolarità di accesso ai finanziamenti pubblici c'è quello del parcheggio Smart Parking a Lecce, che dovrebbe trovare spazio nell'ex palazzo Enel, a pochi passi dal Tribunale. Un'opera molto attesa in città ma sulla quale gli inquirenti nutrono dei dubbi. In particolare, gli investigatori nell'ambito dell'inchiesta che vede indagati il governatore Michele Emiliano, il suo capo di gabinetto Claudio Stefanazzi e gli imprenditori Giacomo Mescia e Vito Ladisa stanno provando a ricostruire come si è arrivati al finanziamento pubblico di circa 2,6 milioni di euro concesso da Puglia Sviluppo. Ricordiamo che l'indagine dei pm baresi, su presunti illeciti legati al finanziamento della campagna elettorale per le primarie del Pd del 2017, parte dalla tesi che Ladisa e Mescia avrebbero pagato per conto di Emiliano due fatture da 65mila e 59mila alla società di comunicazione torinese Eggers 2.0, in cambio avrebbero ottenuto dei favori. Ecco perché la Procura di Bari sta passando al setaccio tutti i progetti delle due società che hanno ottenuto finanziamenti pubblici dalla Regione Puglia. Il parcheggio rientra tra questi. La società PowerSun di Roma, nel dicembre del 2018, ha acquistato dalla Fervida Costruzioni per 4,4 milioni la struttura che dovrebbe ospitare, entro il 2023, il mega parcheggio da 672 posti auto che potrebbe risolvere molti problemi di traffico e sosta nel centro cittadino. La PowerSun ricostruisce la finanza è controllata al 51% dalla società Margherita, che è detenuta proprio da Giacomo Mescia. Il restante 49% è, invece, ad appannaggio di una seconda società creata ad hoc per la realizzazione del parcheggio multipiano. L'intero investimento è di circa 8 milioni di euro, 2,6 milioni è il contributo pubblico. Ed è su questa somma, ancora non elargita, che si concentrano gli accertamenti degli investigatori. Ad insospettire gli inquirenti è stato l'elenco di nomi di progettisti e consulenti che curano questo progetto, perché sarebbero gli stessi che avrebbero dovuto occuparsi di un'altra iniziativa imprenditoriale per la quale la Ladisa aveva chiesto alla Regione il finanziamento di 12 milioni di euro (l'azienda barese ha però rinunciato al sovvenzionamento per il venir meno degli affidamenti bancari). Solo coincidenze? È quello che stanno cercando di capire i finanzieri che hanno avuto dai pm Giorgio Lino Bruno e Savina Toscani la delega per approfondire la questione. Le fiamme gialle avranno ancora tempo sino ad aprile, poi la seconda e ultima proroga delle indagini concesse dal giudice Antonella Cafagna scadrà e gli inquirenti dovranno necessariamente tirare le somme chiedendo l'archiviazione, qualora tutto dovesse risultare regolare, o notificando un avviso di conclusione delle indagini se i pm dovessero ritenere che ci siano gli indizi per andare avanti nel procedimento penale. Qualsiasi decisione, quindi, verrà presa a ridosso delle Regionali del 2020. Sul progetto del mega parcheggio, in realtà, Puglia Sviluppo inizialmente aveva evidenziato delle criticità: in particolare, nella relazione istruttoria i funzionari sostenevano che il potenziale innovativo complessivo non risultava molto evidente e che permangono dei dubbi sulle soluzioni commerciali esistenti e il modo in cui la proposta intende differenziarsi. Appunti, però, poi superati con i chiarimenti che la società proponente ha inviato a Puglia Sviluppo. Il via libera è arrivato assieme a sette prescrizioni tecniche.
«Non c'è il rischio che il cantiere Ex Enel si possa fermare», ha detto il sindaco di Lecce Carlo Salvemini. «Vorrei ricordare che l'operazione Ex Enel ha visto protagonisti un privato acquirente, un privato cedente e istituti bancari. È una operazione di mercato costruita tra soggetti privati riguardante tra l'altro un permesso di costruire già rilasciato prima del nostro insediamento nel 2017. Questo a chiarimento della vicenda, che naturalmente seguiamo con la massima tranquillità».
Da questa inchiesta madre è nato un secondo fascicolo coordinato sempre dalla Procura di Bari che vede indagati Claudio Stefanazzi, sua moglie Milena Rizzo, entrambi considerati dagli inquirenti amministratori di fatto della società Dinamo con sede a Lecce; Sebastiano, Vito e Domenico Ladisa. Secondo gli inquirenti, Ladisa e Dinamo avrebbero ottenuto 694mila euro pubblici senza averne diritto, utilizzando false attestazioni.
V.Dam.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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