Nel museo "fantasma" i manifesti in balìa dei tarli

Nel museo "fantasma" i manifesti in balìa dei tarli
di Daniela PALMA
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Sabato 5 Marzo 2016, 06:26 - Ultimo aggiornamento: 13:13


Opere d’arte d’inestimabile valore accantonate nell’ex convento dei Domenicani e divenute carta da macero mangiata dai tarli. È la triste fine di una parte della collezione di 80mila manifesti d’epoca, quasi un primato nazionale, firmati tra gli altri da Matisse, Mirò, Kandinsky, Steinlein, Picasso, messa insieme dall’artista Rocco Coronese, docente di Grafica pubblicitaria a Lecce e direttore dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone, e oggi proprietà degli eredi.
 
Umidità, insetti, polvere, muffa, escrementi. Un tesoro “nascosto” sotto spessi strati di cellophane che, però, non ne ha impedito il deterioramento mentre nello stesso edificio, di proprietà comunale, sono in corso opere di efficientamento energetico. Eppure, stando ad una rapida ricerca sul web, risulta che Parabita ospita un importante museo del manifesto, ideato nel 1982. Un museo che in realtà non esiste. O meglio, secondo il sito istituzionale del Comune, «è attualmente chiuso per i lavori di restauro di Palazzo Ferrari». Lavori, almeno quelli per il museo in questione, per i quali Parabita intercettò un finanziamento di 500mila euro (fondi Pis), terminati già nel 2009.

Immediate le polemiche dopo la diffusione delle fotografie, miste allo stupore per un patrimonio che molti parabitani non sapevano nemmeno di ospitare. «Quei manifesti sono là da almeno 10 anni - conferma l’assessore alla Cultura Sonia Cataldo - i teli di plastica li ho messi io nel 2015, appena sono stata eletta, per salvare il salvabile, perché prima erano alla mercé degli uccelli. L’Amministrazione Merico li mise in attesa di trovare una soluzione che non arrivò, nonostante il finanziamento ricevuto e noi ne abbiamo ereditato la gestione lacunosa. Faremo il possibile per aprire il museo. La vera sfida è la digitalizzazione dei manifesti».

Pronta la risposta dell’ex sindaco Adriano Merico. «I manifesti furono spostati momentaneamente in quel locale per permettere i lavori di ristrutturazione di Palazzo Ferrari. Il 23 aprile 2009 venne inaugurato il “nuovo” palazzo e nei mesi successivi ne affidai la gestione al professore Aldo D’Antico, con il proposito di programmare un adeguato utilizzo della struttura. Dopo le elezioni del 2010, quando diventò sindaco Alfredo Cacciapaglia, di quei manifesti non si è interessato più nessuno». Nel 2012, in occasione del decennale dalla morte di Coronese, 10 associazioni firmarono una lettera al sindaco Cacciapaglia con un appello per chiedere attenzione e salvaguardia della bistrattata raccolta. «La risposta non è mai pervenuta», dice D’Antico, ideatore di quell'iniziativa.

La questione, al netto delle accuse politiche incrociate, affonda le sue radici nel tira e molla tra i proprietari della collezione, gli eredi di Rocco Coronese, e il Comune, depositario del bene dai primi anni ’90, quando la collezione fu spostata da locali privati in un immobile di proprietà del Comune. Fu lo stesso Coronese ad acconsentire il loro spostamento a Palazzo Ferrari, nel 2000, intavolando trattative con l’amministrazione Merico. Accordi che sfumarono nel 2002 con la scomparsa dell'artista e il subentro come interlocutori degli eredi, che sarebbero gli unici a possedere una copia delle chiavi del luogo dove giacciono i manifesti. 

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