«Volontariato e stop al processo»: biologo del centro Pma chiede la messa alla prova

«Volontariato e stop al processo»: biologo del centro Pma chiede la messa alla prova
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 1 Febbraio 2023, 20:44 - Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 19:29

Lavori socialmente utili e volontariato, al posto di una eventuale condanna. Ha chiesto la messa alla prova un responsabile di laboratorio per la procreazione medicalmente assistita (Pma) di Nardò, un biologo rinviato a giudizio per falso e truffa
L’uomo, 67 anni, avrebbe formulato 39 richieste per attestare di avere effettuato tra l’aprile del 2020 e il luglio del 2021 procedure di procreazione assistita che - secondo l’accusa - non furono invece mai effettuate. L’importo richiesto all’Asl è stato quantificato in poco più di 39mila 350 euro, dall’inchiesta condotta dal pubblico ministero della Procura di Lecce, Maria Vallefuoco, con i finanzieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura. 

Le ipotesi d'accusa

Falso e truffa, le ipotesi di reato contestate all’imputato in qualità di responsabile di laboratorio Pma e titolare del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con la Asl.

A decidere sulla richiesta di messa alla prova sarà il giudice monocratico Maria Francesca Mariano, dinanzi alla quale è iniziato ieri il processo alla luce di quanto ha stabilito la gup Simona Panzera accogliendo la richiesta di rinvio a giudizio della Procura e rigettando l’istanza di non luogo a procedere dell’avvocato difensore Andrea Bianco. L’Asl si è costituita parte civile con l’avvocato Alfredo Cacciapaglia insieme con il responsabile del centro Pma di Nardò, assistito dall’avvocatessa Francesca Conte. Per l’accusa l’imputato avrebbe apposto la firma falsificando quella del collega ed usando il suo timbro per ottenere una cifra pari a 39mila 350 euro che l’Asl ha erogato e che ora sta recuperando con una rateizzazione di poco più di 1.000 euro al mese. A dare il via all’inchiesta è stata la denuncia presentata proprio dall’altro medico in Procura, come pure all’allora direttore generale della Asl, Rodolfo Rollo; al direttore sanitario, Roberto Carlà; ed al direttore del distretto sanitario di Nardò, Oronzo Borgia. Segnalava di essersi accorto casualmente che sulla sua casella di posta elettronica c’era una corrispondenza per richieste di pagamento di prestazioni a lui sconosciute.

Il centro pma di Nardò

Tante le polemiche attorno al centro pma di Nardò, che ha poi chiuso e non ha mai riaperto. Polemiche di carattere politico, che nulla hanno a che vedere con le contestazioni nel processo. 
Si tornerà in aula il 18 aprile per valutare l’istanza di messa alla prova, istituto a cui è possibile accedere solo nel caso in cui si sia restituito quanto indebitamente percepito e ristorato le parti civili. consiste, su richiesta dell’imputato, nella sospensione del procedimento penale nella fase decisoria di primo grado per reati di minore allarme sociale.
Con la sospensione del procedimento, l’imputato viene affidato all’ufficio di esecuzione penale esterna per lo svolgimento di un programma di trattamento che prevede come attività obbligatoria e gratuita, l’esecuzione di un lavoro di pubblica utilità in favore della collettività che può essere svolto presso istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. Il lavoro di pubblica utilità si può svolgere per un minimo di 10 giorni, anche non continuativi e non può superare le otto ore giornaliere.

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