Nardò, bracciante morto: schiavitù e omicidio, chiesti 23 anni di carcere

Nardò, bracciante morto: schiavitù e omicidio, chiesti 23 anni di carcere
di Roberta GRASSI
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Giovedì 13 Ottobre 2022, 16:33 - Ultimo aggiornamento: 18:18

Due condanne a una pena di 11 anni e sei mesi di reclusione, per omicidio colposo e riduzione in schiavitù, sono state invocate dal pm Francesca Miglietta, nelle fasi finali del processo sulla morte di un migrante, a Nardò, secondo l'accusa sottoposto a sfruttamento. I due imputati, dinanzi alla Corte d'Assise di Lecce (presidente Pietro Baffa, a latere Maria Francesca Mariano) sono Giuseppe Mariano, di Porto Cesareo, datore di lavoro e titolare di fatto di un'azienda agricola e Elsalih Mohamed conosciuto con il nome di Sale, indicato come l’effettivo reclutatore della manodopera straniera.

Ritmi sfiancanti 

Secondo quanto emerse dalle indagini la vittima, il 47enne Muhamed Abdullah, addetto alla raccolta di pomodori, era fra coloro che venivano sottoposti a ritmi sfiancanti per 10-12 ore di seguito.

Senza acqua potabile a disposizione senza condizioni, per alleviare la calura dell’estate salentina nei campi di pomodori. Senza nemmeno un copricapo. Dormendo in casolari diroccati. L'inchiesta fu condotta dai carabinieri del Ros (Raggruppamento operativo speciale) e con gli ispettori dello Spesal (Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro). I fatti avvennero il 20 luglio 2015. Gli imputati sono difesi dagli avvocati difesi dagli avvocati Antonio Romano ed Ivana Quarta. 

Le parti civili

Sono parti civili la moglie e la figlia della vittima, con l’avvocato Cinzia Vaglio. Ed anche due delle aziende che acquistavano i pomodori raccolti nell’azienda di Mariano: Mutti e Cirio che nel processo in aula saranno rappresentate dagli avvocati Anna Grazia Maraschio e Vincenzo Muscatello. 
Parti civili anche la Cgil (avvocato Viola Messa) e dal “Centro internazionale dei diritti umani” (avvocati Cosimo Castrignanò e Paolo D’Amico).

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