Motta affida a De Donno la direzione dell'Antimafia

Motta affida a De Donno la direzione dell'Antimafia
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 4 Marzo 2016, 07:03 - Ultimo aggiornamento: 13:15
Il procuratore Cataldo Motta lascia la guida della Direzione distrettuale antimafia. L’ha affidata al procuratore aggiunto Antonio De Donno. E la scelta non è stata casuale: De Donno fa parte ormai da quasi cinque anni della stessa Dda con il compito di affiancare l’attuale numero uno della Procura nel coordinamento delle indagini sulla Sacra corona unita. È una svolta epocale a Palazzo di Giustizia: Cataldo Motta è stato pubblico ministero nel primo e nel secondo maxi processo contro la nascente Sacra corona unita e anche per questo è considerato il referente della Dda sin dalla sua istituzione nel 1992 con l’allora procuratore Alessandro Stasi.

Alla fine degli anni ’90 fu nominato coordinatore ed ha mantenuto questo ruolo anche quando nel 2008 fu designato capo della Procura di Lecce.
La decisione di passare la mano a De Donno è stata comunicata con una circolare diffusa ieri in Procura. È l’atto con cui vengono confermati gli assetti degli ultimi anni della Dda con i sostituti Guglielmo Cataldi, Alberto Santacatterina ed Alessio Coccioli, ognuno con delega alle indagini sulla Scu e sulla criminalità organizzata rispettivamente per le province di Lecce, Brindisi e Taranto.

Ma perché un magistrato come Motta che continua a restare in ufficio fino alle 9 di sera (prossimo a compiere 71 anni) presente talvolta ancora in aula e sempre accanto alla polizia giudiziaria nelle conferenze stampa più importanti decide di lasciare? La scelta è spiegata con il prossimo pensionamento: per effetto della legge del Governo Renzi che ha abbassato l’età dei magistrati entro cui andare in pensione da 75 a 70 anni, salvo poi concedere una proroga a chi non aveva compiuto i 71 anni entro il 31 dicembre del 2015, a fine anno Motta concluderà la sua carriera in magistratura.

Una carriera lunga quasi 45 anni (quasi tutta a Lecce) con la prospettiva di dare una svolta. Poi, nel 2013, la candidatura per prendere il posto di Piero Grasso alla guida della Direzione nazionale antimafia: una nomina che non è mai arrivata. Questi ultimi mesi Motta vorrebbe dedicarli a trasmettere la sua eredità e un bagagliaio di conoscenze delle dinamiche criminali delle province di Lecce, Brindisi e Taranto che ancora oggi non ha eguali.

La scelta è caduta su Antonio De Donno per l’esperienza e le capacità maturate prima come sostituto della Dda e poi come aggiunto. Un’eredità pesante quella ricevuta dal successore di Motta alla direzione della Dda. Sia perché la mafia di oggi si manifesta sotto forme diverse nelle tre province, con manifestazioni violente e gangeristiche a Taranto ed a Brindisi ed una tendenza a mettere le mani sulla nuova economia del turismo a Lecce.
De Donno, inoltre, dovrà anche ricucire quello strappo con la Procura di Brindisi a cui ha fatto esplicito riferimento la senatrice Rosy Bindi durate la permanenza a Lecce della Commissione parlamentare antimafia: nelle vesti di presidente ha chiesto perché la Procura di Brindisi sia così poco collaborativa con la Dda di Lecce”. E’ un pezzo di storia che ha radici nell’attentato alla scuola Falcone-Morvillo con la morte della studentessa Melissa Bassi, l’inchiesta affidata alla Dda per l’aggravante del “terrorismo” ma soprattutto la trasmissione degli atti alla Procura di Potenza ed al Csm per valutare le condotte del procuratore Marco Dinapoli. Procedimenti, entrambi, archiviati senza alcuna conseguenza per il capo della Procura di Brindisi.

Come pure resta aperto il fronte del terrorismo. Quello internazionale di matrice Isis con i procedimenti penali che interessano il distretto di Corte d’Appello di Lecce sono assegnati al nuovo corso della Dda. Motta si è fatto da parte, ma in pochi credono che quell’ufficio continuerà ad occuparsi di vicende importanti senza la sua supervisione.
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