L'addio a Severino Garofano, l'enologo che ha cambiato la storia del vino in Puglia

L'addio a Severino Garofano, l'enologo che ha cambiato la storia del vino in Puglia
di Leda CESARI
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Mercoledì 5 Settembre 2018, 15:09 - Ultimo aggiornamento: 6 Settembre, 19:26
E'  stato una leggenda vivente; ora è entrato nel Mito. Severino Garofano, ottantatreenne padre nobile della nuova enologia pugliese – quella affrancata dal complesso di inferiorità nei confronti delle “altre” – se n’è andato ieri, senza avvisare. E senza rumore, un po’ come ha vissuto l’ultimo periodo della sua vita, interamente dedicata alla viticoltura e al vino: e che vino.
Originario di Avellino, dove probabilmente verrà sepolto, Garofano, fresco di scuola enologica, aveva infatti dato lustro e vigore a storiche aziende vinicole salentine, inventandosi etichette – Graticciaia, Patriglione, Notarpanaro, Cappello di Prete, tanto per citarne giusto qualcuna – che oggi sono motivo d’orgoglio della Puglia vitivinicola nel mondo. E poi - per l’azienda da ultima fondata a suo nome, seguita personalmente fino a ieri – aveva creato Le Braci e Girofle, uno dei più apprezzati rosati salentini.
Era giunto in Puglia nel 1957, quando il vino pugliese era considerato roba buona solo per dare nerbo ai più effeminati vini del Nord, d’Italia e non solo. E per primo aveva intuito che quel vitigno forte e indomito, quasi marziale nelle sue espressioni – il Negroamaro – avrebbe potuto costituire uno degli strumenti di riscatto di un’enologia “povera” come quella salentina. E quello che oggi è il presente, ma che all’epoca era un futuro neppure troppo futuribile, gli dà ragione con forza: i vini pugliesi, anche “rosa”, sulle tavole di tutto il mondo. E il Negroamaro protagonista consapevole della sua storia.
Lascia la moglie Teresa, i figli Stefano e Renata, da tempo con lui al timone dell’azienda, e una nipotina nata da poco. “Un uomo speciale”, ricorda Cosimo Mirabile, enologo che ha a lungo collaborato con lui, anche al Centro Studi Vini. «Qualsiasi cosa facesse, la prendeva sul serio». Amante del Salento e della Valle d’Itria, «diceva che bastavano queste due zone della Puglia per fare una grande enologia: Antinori, Zonin e tutti gli altri oggi arrivati qui a comprare cantine gli hanno dato ragione. Mi resta l’onore di aver intravisto il futuro con lui prima degli altri». «La morte di Severino Garofano rappresenta una perdita gravissima per l’enologia pugliese e italiana. È stato infatti il primo artefice del riscatto dei vini pugliesi, diventati competitivi proprio grazie alla svolta da lui impressa all’enologia di Puglia». Così Amedeo Pasquino, responsabile della delegazione leccese dell’Associazione Italiana Sommelier. «Tutti gli uomini e le donne del vino di Puglia, e non solo, gli debbono insomma moltissimo. Severino Garofano è e sarà sempre per noi un faro che non si spegnerà mai».
«Sembrava ombroso, ma era solo la prima impressione», racconta anche Dino Pinto, che oggi segue quell’azienda Candido dove Garofano cominciò l’avventura pugliese, e che con lui ha condiviso il vertice di Assoenologi di Puglia, Basilicata e Calabria, come vice, negli anni Settanta. «Nessuno era in grado di trarre il meglio dai vitigni autoctoni come lui». «Si chiude un capitolo prestigioso e affascinante che ha rivoluzionato un mondo confinato in un’epoca antica nella quale i nostri vini erano destinati ad arricchire di colore e sostanze estrattive i vini delle regioni del Nord. Con il suo arrivo tutto è cambiato». Così il senatore Pd Dario Stefàno. «Uno degli artefici del riscatto della vitivinicoltura meridionale quando il Sud era soltanto terra da vino sfuso, da taglio: con queste parole gli fu assegnato il Premio Veronelli alla carriera». Interprete per eccellenza del Negroamaro, «artefice della nuova vita del nostro rosato, di cui intuì subito le potenzialità e la caratura anche culturale», ma soprattutto il carattere di vino «che appartiene alla storia del territorio e per il quale, da assessore all’Agricoltura della Regione, ho profuso energie ed impegno per irrobustirne la filiera di valorizzazione».
«Il mondo enologico pugliese perde uno dei suoi pilastri». Così Massimiliano Apollonio, presidente Assoenologi di Puglia, Basilicata e Calabria, che annuncia di aver già chiesto a Luigi De Bellis, preside del nuovo corso di laurea in Viticoltura ed enologia presso l’Università del Salento, di avviare le procedure per l’intitolazione di un’aula al decano degli enologi salentini scomparso oggi. «Una figura leggendaria per tutti coloro che amano il vino di Puglia. Ci mancherà moltissimo». I funerali si sono svolti oggi a Carmiano, presso la Chiesa madre. Ma già ieri sera Garofano è stato “apoteosizzato” in molti funerali laici celebrati, calici alla mano e post social, dagli appassionati di Puglia: «Buon viaggio, Maestro».
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