«Mi stanno uccidendo, mi stanno lasciando morire», le parole di un 73enne morto di Covid e l'esposto dei familiari ai carabinieri: «Fare chiarezza»

«Mi stanno uccidendo, mi stanno lasciando morire», le parole di un 73enne morto di Covid e l'esposto dei familiari ai carabinieri: «Fare chiarezza»
di Roberta GRASSI
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Lunedì 18 Gennaio 2021, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 10:04

«Mi stanno uccidendo, mi stanno lasciando morire». Sono parole che un uomo di 73 anni avrebbe pronunciato al telefono, parlando con i suoi cari, poche ore prima di andarsene per sempre. Sono riportate in un esposto presentato ai carabinieri, per chiedere verità e giustizia sulla morte di Umberto Rizzello, che era ricoverato all'ospedale Vito Fazzi di Lecce per la positività al Covid-19 e che ha cessato di vivere il 22 novembre scorso, dopo circa due settimane trascorse nel nosocomio.

Secondo quanto rappresentato all'autorità giudiziaria dai figli, l'uomo aveva altre patologie per le quali seguiva alcune terapie domiciliari e assumeva farmaci. «Era un uomo lucido, capace di relazionarsi e di comunicare», raccontano i parenti. «Nostro padre – riferiscono – ci ha avvisato che non stava ricevendo le terapie farmacologiche per i pregressi problemi di salute».
Da qui la preoccupazione, cresciuta nel corso di altre conversazioni: «Ci dava notizie angoscianti, riferiva di trovarsi in uno stato di abbandono e di trascuratezza e che la sua situazione non migliorava. Aveva difficoltà a cambiare il pigiama sporco e anche a lavarsi, non avendo nessuno ad assisterlo».

Avrebbe anche aggiunto di sentirsi confuso e in difficoltà e di aver chiesto aiuto al personale sanitario.
«Ripeteva di stare male, e di essere trascurato – proseguono i figli nell'esposto consegnato ai carabinieri di Taurisano – anche nel compimento delle azioni più elementari.

Diceva di essere colpito da continue crisi epilettiche, anche più debilitanti del solito, di non riuscire a mantenersi in piedi e di essere caduto per terra più volte». I famigliari, insomma, hanno spiegato di averlo sentito “provato”: «Faticava a parlare, il suo respiro era molto affannato». ll 22 novembre la drammatica notizia, comunicata dalla polizia.

«Pur avendo provato più volte – si legge nell'esposto – non siamo mai riusciti a comunicare con il medico primario, per ricevere maggiori dettagli. Abbiamo ripetutamente chiesto la restituzione dei due telefoni di nostro padre, ma i sanitari ne hanno restituito solo uno, siamo in attesa di ricevere l'altro».

Da qui la denuncia che riporta una versione di parte, ma che andrà verificata dagli investigatori. La procura di Lecce disporrà l'acquisizione delle cartelle cliniche e aprirà un fascicolo per omicidio colposo. Si tratta di un atto dovuto, necessario a condurre tutti gli accertamenti del caso.
In primo luogo accertare con esattezza le cause del decesso, per poi valutare eventuali profili di negligenza o imperizia da parte dei medici e di chiunque si sia occupato del paziente. Qualora dovessero essercene stati. 

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