Morì folgorata sotto la doccia. Assolti i titolari dell'impresa che realizzò l'impianto, per i giudici "il fatto non sussiste"

Morì folgorata sotto la doccia. Assolti i titolari dell'impresa che realizzò l'impianto, per i giudici "il fatto non sussiste"
di Pierangelo Tempesta
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Giovedì 19 Gennaio 2023, 20:20 - Ultimo aggiornamento: 21:10

«Impianti modificati dopo l'installazione». E al termine del processo per la morte di Antonia Negro, 60enne di Presicce rimasta folgorata sotto la doccia nella sua abitazione di Lido Marini, arriva l'assoluzione per i titolari dell'azienda che aveva realizzato l'impianto elettrico. Fernando e Andrea Cazzato, padre e figlio di 72 e 39 anni, titolari e gestori dell'azienda “Cazzato elettroimpianti”, sono stati assolti perché il fatto non sussiste.

La doccia fatale

La tragedia avvenne il 4 agosto 2014.

La donna morì in seguito a una scarica elettrica che la colpì mentre si trovava sotto la doccia. Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Roberta Licci e condotte dai carabinieri di Ugento e Casarano con il supporto di una perizia affidata all'ingegnere Lelly Napoli, avevano portato all'iscrizione nel registro degli indagati dei due imprenditori, oltre al marito della donna e ad un uomo di Acquarica del Capo. Nell'udienza preliminare del 12 settembre 2017, il giudice Stefano Sernia aveva dichiarato il non luogo a procedere per i due imprenditori per non aver commesso il fatto, anche alla luce delle conclusioni della consulenza prodotta dal perito della difesa, l'ingegnere Alessandro Del Grosso. Il pubblico ministero, però, aveva proposto appello e la Corte d'Appello aveva disposto il rinvio a giudizio per i due. Il dibattimento si è aperto nel 2021 dinanzi al giudice Maria Bianca Todaro e si è chiuso nei giorni scorsi con l'assoluzione di entrambi gli imprenditori. Il deposito delle motivazioni è atteso in 90 giorni.

La difesa

I difensori di Fernando e Andrea Cazzato, gli avvocati Paolo Rizzo e Andrea Marco Monsellato, hanno sostenuto come non vi fosse alcun nesso tra l'intervento di messa in sicurezza dell'impianto e la morte per folgorazione della donna. La scossa letale, è la tesi sostenuta dalla difesa, era partita da una presa danneggiata posizionate in un secondo immobile adiacente a quello in cui era avvenuta la tragedia. La scossa si era potuta propagare perché gli impianti idrici ed elettrici dei due immobili erano stati collegati dopo l'intervento dei Cazzato. L'impianto della seconda abitazione era sprovvisto di salvavita e aveva subìto manipolazioni da parte di terzi. L'intervento di messa in sicurezza eseguito dagli imprenditori, invece, era stato realizzato con la massima diligenza e includeva anche l'installazione del salvavita, di due interruttori automatici e della messa a terra. Solo un interruttore salvavita nel secondo appartamento (nel quale gli imprenditori non avevano mai messo piede) avrebbe potuto salvare la vita alla donna. Nel processo si erano costituite parte civili la madre e la figlia della malcapitata, con l'avvocato Luca Martini.

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