«Molo di Adriano, Comune e Soprintendenza si sveglino»: appello degli studiosi

«Molo di Adriano, Comune e Soprintendenza si sveglino»: appello degli studiosi
di Stefania DE CESARE
4 Minuti di Lettura
Domenica 18 Aprile 2021, 09:51 - Ultimo aggiornamento: 10:07

Molo di Adriano da salvare: raccolte oltre 500 firme in due giorni. E intanto gli studiosi chiamano in causa Comune e Soprintendenza: «Devono fare la loro parte. La conoscenza è fondamentale. I cittadini devono prendere coscienza dell'importanza del bene». Non si ferma la mobilitazione Salviamo il Molo di Adriano di San Cataldo, marina di Lecce. La petizione, promossa due giorni fa in Rete dal titolare dello stabilimento balneare Lido York Alfredo Prete per rilanciare il sito in chiave turistica, continua a raccogliere consensi: in poche ore il numero delle adesioni su change.org ha superato la soglia delle 560 firme tra semplici cittadini, affezionati della marina e amanti dei beni storici.

In campo archeologi e accademici


Anche gli studiosi del capoluogo salentino raccolgono l'appello dell'imprenditore per valorizzare il sito e renderlo fruibile. Il più critico verso lo stato di abbandono del Molo di Adriano è Francesco D'Andria, professore emerito dell'Università del Salento. «La mobilitazione è più che condivisibile. Coinvolgere l'opinione pubblica è fondamentale ma bisogna fare delle riflessioni sulle competenze. Come ateneo, con la spinta del rettore che è molto sensibile verso questi temi, si può pensare di produrre una pubblicazione di carattere divulgativo, da diffondere anche in Rete, spiegando il valore di questa realtà archeologica. Ma tutti dobbiamo fare la nostra parte. Per questo chiedo all'amministrazione una maggiore attività propositiva. Castro si è dotata di un museo, di un'area archeologica e presto anche di un parco archeologico. Il Comune di Lecce deve svegliarsi perché abbiamo tanto da raccontare ma manca una iniziativa coordinata. In questo senso il Must potrebbe essere un punto di convergenza di queste realtà archeologiche, dove si possa raccontare la storia del Molo. Sono passati anni ma in questo senso ancora non è stato fatto nulla. L'emergenza sanitaria non ha aiutato ma bisogna guardare al futuro e programmare». D'Andria, poi, chiama in causa anche l'organo ministeriale. «A Taranto abbiamo la sede della Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo, chiamata anche del mare, che deve essere protagonista. Il mare per il Salento gioca un ruolo importante, non solo ad agosto. Lo sapevamo di più i romani di quanto non lo sappiamo noi».
Dal fronte restauro, a gennaio l'ex soprintendente delle province di Brindisi e Lecce Maria Piccarreta ha annunciato un progetto di recupero e consolidamento di una parte del Molo, imbruttito la scorsa estate da incivili con una scritta spray nera e viola. I lavori sono stati finanziati con 120mila provenienti dai fondi di riserva del Ministero. Sulla valorizzazione del sito archeologico se ne parla nel Contratto Istituzionale di Sviluppo (Cis). Nel programma presentato dal Comune è stata candidata la proposta di un piano di interventi che prevede, tra le altre cose, anche il restauro conservativo del sistema faro di San Cataldo e del Molo di Adriano così come di tutto il lungomare. Un progetto analogo è stato inserito anche in una delle tre schede presentate sempre dall'amministrazione Salvemini al Governo come opere da finanziare a ristoro per il passaggio dell'interconnessione Snam sul territorio salentino. «La valorizzazione passa dalla conoscenza - aggiunge Paul Arthur, docente di archeologia medievale dell'Università del Salento e presidente della Società degli Archeologi Medievisti Italiani -.

Non molte persone conoscono l'importanza di questo bene. Il Molo di Adriano è stato il porto di Lecce. Il sito è di età romana ma come porto era importante anche in età medievale e moderna. Abbiamo fonti che testimoniano la vivacità del porto anche nel periodo compreso tra 400 e 500, quando arrivavano navi dai Balcani per il Salento. Si può pensare di creare qualcosa in loco per spiegare meglio la storia del molo. Perché se il pubblico non sa cosa ha davanti allora è difficile che possa prenderne a cuore la tutela. La conoscenza è la chiave di tutto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA