«Te cciu», minacciò il sindaco Salvemini davanti alla famiglia: a processo ambulante 61enne

«Te cciu», minacciò il sindaco Salvemini davanti alla famiglia: a processo ambulante 61enne
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Martedì 8 Dicembre 2020, 10:15 - Ultimo aggiornamento: 16:43

«Mo' te cciu» disse in piazza Libertini, all'indirizzo del sindaco Carlo Salvemini, che in quel momento era insieme al figlio e alla compagna. Dovrà rispondere di minacce davanti al giudice di pace, l'ambulante 61enne che proferì quella frase, il 30 giugno del 2018, durante la manifestazione sportiva MiGames. L'udienza è stata fissata per il 26 febbraio: il primo cittadino potrà costituirsi parte civile con l’avvocato Francesco Calabro.

L'atto di citazione a giudizio è firmato dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone e segna l'ultimo step di una vicenda che ha avuto avvio proprio con la denuncia presentata dal primo cittadino, nella quale vengono indicati come testimoni l'assessore Paolo Foresio e un cittadino presente, quel giorno, in piazza Libertini.

La minaccia - stando a quanto ricostruito finora - sarebbe stata legata al mancato rinnovo di un permesso per la licenza commerciale e la sistemazione di un chiosco di cui erano titolari alcuni parenti del 61enne.

Dopo la denuncia di Salvemini, nell'estate di due anni, scattarono le indagini della Digos.

Tanto più che quello non fu il primo episodio di minacce di cui il sindaco fu vittima. All’indomani dell’annunciato trasferimento del mercato di piazza Libertini a Settelacquare messaggi di intimidazione, anziché dal vivo, arrivarono sul web. «Caro Salvemini, ti sei dato la zappa sui piedi. Non puoi nemmeno immaginare il danno che provocherai. C.... tuoi dopo. Avvisato». «Salvemini stia attento a non commettere questo errore. Se ne pentirà amaramente». Minacce e avvertimenti espliciti, pubblicati sulla pagina Facebook del primo cittadino. A distanza di poche ore un violento incendio distrusse alcuni dei 48 box di vetro e alluminio a Settelacquare, box destinati ad ospitare proprio gli ambulanti di piazza Libertini e che, a tutt'oggi, versano in stato di abbandono.

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