Marisa Melpignano: «Lecce, non fare l'avara. Apri le ville ai turisti»

Marisa Lisi Melpignano con Flavio Briatore in una recente puntata di "Porta a porta"
Marisa Lisi Melpignano con Flavio Briatore in una recente puntata di "Porta a porta"
di Rosario TORNESELLO
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Domenica 28 Maggio 2017, 18:55 - Ultimo aggiornamento: 19:08
L'avviso al citofono è garbato e perentorio: niente visite alla tenuta. In buona sostanza, girare alla larga. La finezza e l’eleganza sono nelle parole e nei modi. Paperon de’ Paperoni, per restare al censo, avrebbe concesso pochi fronzoli alla grammatica della cortesia: Sciò! Via!!! Il cancello si apre a comando: dire nome, cognome e motivo dell’arrivo. Di fronte, il mare; alle spalle, la campagna; sullo sfondo, la collina; intorno, i prati gli alberi il silenzio. Su tutto, la privacy. Il primo lusso è questo. Seguono gli altri. Gli ulivi, ad esempio. Gesù quanti. È il primo accenno di paradiso. Corrono a sinistra e a destra. Giovani, e di buone speranze. Fitti, da sembrare bosco. I secolari, a naso anche millenari, quelli attendono alla fine dello stradone per condurre al cuore pulsante di Masseria San Domenico, fra Torre Canne e Savelletri: maestosi per antico lignaggio, eppure sinuosi a dispetto dell’età, chioma modellata e folta a dispetto del tempo. Ulivi, esistono ancora. «Cosa? Certo che esistono ancora!». Un buon paio di corna – con dita sguainate a festa, le unghie corte e laccate – resta buona pratica senza limiti di latitudine. Non solo in funzione anti-xylella. Si vede che arrivo da Lecce. (Oddio: e se la “sputacchina” mi avesse seguito in auto?).

«La colpa è vostra. Leccesi. Vivete nel ricordo di antiche nobiltà sbiadite e non vi sporcate le mani. Così state perdendo tutto, dalle campagne ai palazzi». Il benvenuto è caloroso. Offerto all’ospite, alle spalle della “Sala del fico” e non dentro, ritempra dopo una fugace illusione. Marisa Lisi Melpignano è artefice e motore primo di tutto questo: il resort, edificato intorno a una torre di avvistamento dei Cavalieri di Malta (1400), è con Borgo Egnazia, il campo da golf, Masseria Cimino e Cala Masciola una sola proprietà e, da solo, precursore e avamposto del turismo extralusso in Puglia. Per dire degli ultimi eventi (noti per colpa dei protagonisti e non per falle nella consegna del silenzio, assunta come valore aggiunto e imposta per contratto a tutti i dipendenti, pena il licenziamento): le vacanze dorate di Madonna, il matrimonio da mille e una notte della figlia del magnate indiano Pramod Agarwal, le nozze Hollywood-style di Justin Timberlake e Jessica Biel. «Sono le persone che fanno la destinazione», sintetizza la signora. I soldi, invece, non è neppure tanto sottinteso, ce li hanno anche i cafoni. Dunque... A fare sintesi sono una sapiente selezione e l’inappuntabile ambientazione, senso dell’ospitalità incluso: in cifre (tralasciate quelle per il soggiorno, noblesse oblige) fanno 400 ettari di terreno, 650 posti letto, mille dipendenti a regime. E una distesa di sospiri.

Il motore primo. “Tu sei pazza”, le disse il marito, Sergio Melpignano, avvocato tributarista tra i più importanti di Roma, una vita assieme, tre figli, Viola, Aldo e Francesco, e poi la morte, a 69 anni, nel 2015. Masseria San Domenico ha aperto i battenti il 21 marzo 1996, subito cinque stelle lusso e subito tutto esaurito nelle 28 stanze (oggi sono 40). Il segreto? «Molti dei miei amici di Roma non erano mai scesi sotto la linea di Capri – spiega donna Marisa –. Qualcuno frequentava la Sicilia, Taormina ad esempio. Nessuno la Puglia, assimilata nell’immaginario alla Calabria. Non c’erano strutture all’altezza. Accogliendoli in questa masseria di famiglia ho fatto scoprire loro un mondo meraviglioso: la nostra regione, una terra bellissima e sorprendente. Sconosciuta. L’idea di farne un luogo destinato all’ospitalità mi è venuta dalle nostre vacanze in Scozia: aprendo le loro tenute ai cacciatori, i nobili del posto potevano provvedere alla manutenzione di castelli e possedimenti immensi e onerosi. Ambienti di lusso, oltre ogni immaginazione, ma accoglienza familiare: si cenava assieme, per dire. Questo il segreto. Mi è piaciuto. E l’ho applicato». Nel tempo la signora ha incassato solo un’altra volta identico complimento – “tu sei pazza” – sempre dallo stesso uomo, sempre per lo stesso motivo: cercavano casa a Londra, prezzi alle stelle; lei lo chiamò: «Sergio, ascolta: e se invece comprassimo un albergo?». Risposta immediata, perché già collaudata. Con esito invariato. Lui del Leone, lei della Bilancia, capirai... La qualità è un marchio da esportazione, c’è un Sud che fa, fa tanto e fa bene: la struttura, per chi frequenta la City o intende andarci, è il San Domenico House, in the heart of Chelsea, esclusivo distretto londinese che ora a sua volta ha in the heart Antonio Conte, mezzo baronetto per comprovati meriti calcistici. E tuttavia leccese. E beh, quando ci vuole...

Lecce, dunque. Arriviamo. «Sia chiaro, lì ho buoni amici. Per questo mi permetto di parlarne. Al Salento invidio il mare e basta». E i palazzi? E le ville? E il barocco? «Anche, ma nient’altro», spiega donna Marisa. «Quasi mi fanno rabbia: sono aggrappati a un’idea di nobiltà improduttiva. Qui i mezzadri hanno rilevato pezzo per pezzo le terre dei nobili campani, prima lavorandole e poi acquistandole. C’è il culto del sacrificio, dell’attenzione, della programmazione. Giù sono sopravvissuti latifondo e signori. Casati proiettati nel passato, nel ricordo dei fasti andati. Così le residenze cadono a pezzi, i campi si riempiono di erbacce. E si ammalano: non c’è cura della natura e delle cose belle. E questo perché non ci si vuole sporcare le mani. Ma, dico io, apritele queste proprietà, offritele agli ospiti. Non siate avari. Ci sono signore di gran classe che saprebbero bene come accogliere facoltosi turisti dal mondo intero, in dimore da sogno. E invece niente: tutto chiuso. Alla malora. Si preferisce la massa. In alcuni tratti hanno distrutto il mare e reso tutto popolare». Ecco, ci siamo: arrivano i fuochi, come sbagliarsi? «Al sindaco di Gallipoli e agli altri va bene così? L’assalto di ragazzi, sacchi a pelo e niente soldi? Il divertimentificio? L’Ibiza dei poveri? Contenti loro... Io dico che ha ragione Briatore: occorrono strutture all’altezza, e un’accoglienza di livello, per attrarre le persone che trasformano un luogo in una destinazione. Sbaglia per come lo dice, non per quello che dice... Flavio va fuori bersaglio quando afferma che ai ricchi non interessa la cultura (se solo sapesse quanti ospiti mando ogni anno a Galatina a visitare la basilica di Santa Caterina) ma il nocciolo del discorso è evidente. La differenza anche».

Detto tutto così, tutto d’un fiato. Il succo è in poche parole, chiare e dirimenti: infrastrutture; lusso; qualità; ospitalità; esclusività. Marisa Lisi Melpignano segue i percorsi del vento, seduta all’aperto. Bisogna creare il movimento, spiega. E ricorda l’avvocato Agnelli giocare in spiaggia, a Formentera, quando ancora non c’era nessuno. E andate ora a vedere cos’è Formentera, aggiunge. Bisogna scegliere. Possibilmente, saper scegliere. L’alternativa, incalza, sono i corpi all’ammasso in spiaggia, la confusione in acqua. In una parola, la «pipinària». Il neologismo merita attenzione: radice aulente (ed eloquente), suffisso arcaico, significato intuitivo. Tra il dubbio e la domanda è giusto un attimo: perché, scusi, i suoi ospiti trattengono? No, risponde, ma ci sono spazi, c’è discrezione. E il mare non sarà bellissimo, ma qui ha un orizzonte vasto...

Stop. Il sole comincia a calare, la temperatura anche. Il vento non molla la presa. È movimento, appunto. «Ricordati, bisogna saper scegliere. Come per il vino: se vuoi un prodotto di qualità, prendi l’enologo bravo. Nel Salento ho visto nascere cantine meravigliose». Marisa Lisi Melpignano si fa accompagnare all’interno. Un incidente la costringe al riposo forzato, tra convalescenza e riabilitazione. «Vuol dire che ne avevo bisogno. Prendo il lato positivo delle cose. Però attento a quello che scrivi, sennò vengo a Lecce e te meno...». Relax, please. Questo è il paradiso.
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