Lunga vita ai magazzini Candido: 160 anni sempre alla moda

Lunga vita ai magazzini Candido: 160 anni sempre alla moda
di Ilaria MARINACI
5 Minuti di Lettura
Domenica 26 Maggio 2019, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 10:13
«Quando l'Italia è nata, noi avevamo appena iniziato a camminare». Nel 2011 gli storici magazzini Candido 1859 hanno celebrato l'Unità d'Italia con questa campagna di comunicazione. Obiettivo: ricordare a tutti che, mentre il nostro Paese emetteva i suoi primi vagiti, lo storico negozio di Maglie, in piazza Aldo Moro, aveva già due anni di vita.

Dal 1859 per la famiglia che lo gestisce da cinque generazioni vale una sola regola: guardare al futuro. Che significa non farsi schiacciare dal peso del proprio passato e innovare sempre. Regola che le ha permesso di diventare un'azienda leader fra i fashion store del Salento e della Puglia. «Da noi i nostri clienti trovano sempre capi che saranno presto di tendenza», spiega l'amministratore unico Marco Candido. A questa regola, però, stavolta bisogna derogare per riavvolgere il nastro e scoprire una storia di imprenditoria vincente a Sud.

L'occasione è un compleanno speciale: i 160 anni che Candido 1859 festeggerà, da maggio fino a dicembre, ospitando una serie di eventi live. Si parte stasera. «La storia comincia nel 1859 quando il mio trisavolo Clemente racconta Marco apre il negozio in quella che allora si chiamava ancora piazza Municipio. All'epoca, occupava solo tre delle cinque stanze al pianoterra e trattava tessuti, pellami e tutto quello che serviva ai sarti per confezionare gli abiti da uomo e da donna».

Singolare il nome originario: Alla città di Maglie di Clemente Candido e figlio. Il figlio che succedette al fondatore è Achille, sposato con Donna Rosina. «Era lei la commerciante vera, mentre il marito era soprattutto un intellettuale». L'inizio della Seconda Guerra Mondiale segna l'unica battuta d'arresto. «In azienda era subentrato Carlo, mio nonno, affiancato sempre dalla madre, Donna Rosina e, poi, anche dalla moglie, Donna Clara.

È lui rivela Marco che decide di chiudere il negozio per sottrarsi ai traffici illeciti legati al mercato nero, unica via di approvvigionamento dei prodotti».
La riapertura coincide con la fine del conflitto e un nuovo slancio. Sono gli anni d'oro. «Carlo spiega Marco, citando i racconti del padre aveva un grande fascino e i clienti si affidavano a lui. Spesso chiedevano che le pezze di tessuto venissero recapitate a casa loro senza neanche andare in negozio a sceglierle. Le porte si aprivano all'alba per i contadini che si presentavano con i carretti. Volevano comprare prima di andare a lavorare nei campi».

Un altro Salento, ancora molto rurale. In occasione del centenario, nel 1959, un colpo di fortuna: il resto del palazzo, occupato fino ad allora dalla caserma del Carabinieri, si libera e Carlo decide, dopo essersi confrontato con Donna Clara, di acquistarlo. Candido diventa, così, un negozio di 1.500 metri quadrati, punto di riferimento per i tessuti e la biancheria per la casa. Gli spazi di vendita occupano il pianoterra e il primo piano, mentre il secondo piano ospita gli uffici. «Era uno dei più grandi negozi d'Italia in un'epoca in cui esistevano solo le piccole botteghe. Ancora oggi tante signore vengono da me a raccontarmi che le loro mamme prosegue Marco comprarono il corredo qui da noi».

A questo scopo, di grande richiamo, c'era la Fiera del Bianco, una sorta di saldo sulla biancheria di lino che si faceva in negozio una volta all'anno. Ma, sempre nel 1959, arriva anche un'altra rivoluzione. Carlo si innamora del giglio di Firenze, lo fa rivisitare e lo adotta come logo, cambiando il nome dell'attività che diventa Candido e basta. Peccato che non ha il tempo di vedere il frutto delle sue intuizioni: muore, giovanissimo, nel 1964 e le redini passano a Bruno, il padre di Marco che, nella vita, voleva fare tutt'altro.

«Studiava fuori ma fu costretto a cambiare i suoi piani per gestire l'azienda di famiglia», racconta il figlio. Proprio di lì a poco nascono le ditte produttrici di abiti confezionati, che fanno la loro comparsa sui manichini del negozio. «Siamo stati fra i primi clienti di tante aziende che ancora oggi esistono, come, per esempio, Max Mara, e per tutti gli anni Settanta siamo cresciuti per fatturato, numeri e importanza». Anche Bruno trova una valida spalla nella moglie Adriana che lo aiuta soprattutto nel settore Donna e, nel '79, si registra un ulteriore ampliamento: con l'apertura anche del secondo piano si raggiungono i 2000 metri quadrati dedicati alla vendita, quelli di oggi.

Nel 1989, infine, al timone arriva Marco, affiancato quasi subito dalla moglie Annachiara. «Ero terrorizzato ammette, sorridendo dalla responsabilità di poter essere io l'artefice della fine di una storia centenaria». Così non è stato e a Candido 1859 la sesta generazione sta già scaldando i motori: se Cristiana, 22 anni, studia advertising a Londra e vuole diventare una pubblicitaria, Claretta, 20 anni, si sta formando allo Ied di Milano, divisione Moda, proprio per occuparsi dell'azienda. «Ha il commercio nel dna e mi auguro che possa darmi una mano importante con l'e-commerce che consideriamo strategico», dice Marco. La più piccola delle figlie, Adriana, 14 anni, ha ancora tempo prima di decidere. «Le donne della famiglia Candido, da Rosina ad Annachiara, sono state determinanti rimarca e senza di loro non saremmo riusciti a festeggiare i 160 anni».

Il segreto? Tre le ragioni della longevità del negozio che oggi veste tutta la famiglia, dal neonato all'adulto. «I nostri clienti che sono il patrimonio più importante, il personale che crea un rapporto di empatia con tutti e la continua ricerca di prodotto. Guardiamo alle fiere fuori dai nostri confini per scoprire le nuove tendenze della moda». Da qui la scelta di non trattare le prime linee ma di puntare sul made in Italy e su un buon rapporto qualità-prezzo. «Sono i giovani oggi quelli che spendono di più in abbigliamento e Instagram ci aiuta molto. È una vetrina in tasca ad ogni persona». Con tre femmine Marco è l'ultimo dei Candido, ma le figlie gli hanno promesso che daranno il doppio cognome a qualcuno dei loro bambini. «Ma non è così importante. Un'azienda che vive da 160 anni conclude prescinde dalle singole persone».
© RIPRODUZIONE RISERVATA