Lecce, fantasmi in giro tra monumenti e palazzi. Le storie

Lecce, fantasmi in giro tra monumenti e palazzi. Le storie
di Paolo LA PERUTA e Aristodemo PELLEGRINO
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Domenica 30 Ottobre 2022, 01:45 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 02:13

Da oltre tre anni siamo diventati a pieno titolo due Ghostbuster salentini, due autentici cacciatori di fantasmi. O, meglio, due cacciatori di storie di fantasmi e non solo. La nostra comune passione per i misteri ci ha portato ad andare alla ricerca di racconti inquietanti, sinistre leggende, storie di omicidi, avvistamenti di oscure presenze, di segni del maligno che si celano nelle pieghe della nostra meravigliosa città. Che Lecce sia bellissima lo dimostra la quantità di turisti che arrivano da ogni parte del mondo per ammirarla ma spesso dove c’è tanta luce si annidano anche le ombre ed è proprio tra queste ombre che oggi vogliamo farvi immergere.
Porte che scricchiolano, catene che sbattono e urla che fanno accapponare la pelle.

Figure che compaiono e scompaiono 

Figure che compaiono e scompaiono in un battito di ciglia, macabri riti e oscuri segreti. Accanto al barocco, anzi proprio al suo interno, Lecce nasconde tutti gli ingredienti per una perfetta storia horror da raccontare ad Halloween.
Parliamo di loro, i fantasmi. In passato i leccesi avevano delle credenze particolarissime. Oltre ad andare alla ricerca delle mitiche acchiature in tanti erano adusi riporre le proprie speranze nei vaticini di spiriti e fantasmi. Alla fine dell’Ottocento si diffuse la moda delle sedute spiritiche. Nacquero in questo modo diverse leggende rispetto ad alcune case infestate. E in questo breve viaggio, ve ne racconteremo qualcuna.
Una di queste storie narra dell’apparizione, ogni 15 di agosto, della testa di un uomo barbuto in un’abitazione in via Pietro Belli, lì dove la strada si restringe in uno stretto vicolo. Inoltre in via Galateo, al civico 2, ci sarebbe una delle case stregate più famose di Lecce. In questa dimora l’apparizione notturna dell’anima dannata di un prete senza testa ha sempre scoraggiato tutti coloro desiderassero abitarvi. Se ci spostiamo poi in via Guglielmo Paladini, al civico 2, ci imbattiamo in Casa Zizzari, palazzotto in cui operò anche il celebre maestro cartapestaio Giuseppe Manzo: l’abitazione sarebbe stata per lungo tempo inabitabile a causa di infernali ridde che si scatenavano all’imbrunire.

L’edificio sarebbe sorto sulle fondamenta di un forno all’interno del quale avvenne il barbaro omicidio di due uomini: il fragore infernale pare sia scomparso soltanto con la benedizione della casa. Un’altra storia racconta che in questa casa si arse viva, a causa di una cocente delusione amorosa, una famosa pianista. Nell’anniversario del suicidio sarebbe possibile udire ancora le note provenienti dal suo pianoforte.

Non può mancare il castello Carlo V

E non poteva mancare il castello di Carlo V... con tanti ospiti, tra cui una di grande prestigio. Si tratta del fantasma di Maria D’Enghien, contessa di Lecce e Regina di Napoli, morta a Lecce il 9 maggio del 1446 e sepolta con grandi onori nell’antico monastero di Santa Croce, che però fu demolito per far posto proprio alle nuove mura del Castello. Essendo stata distrutta la sua ultima dimora terrena, la contessa si aggirerebbe ancora al piano nobile del castello, affacciandosi alle finestre della sala del trono.
Altra spettrale presenza attestata sarebbe quella di Gian Giacomo Dell’Acaya, ingegnere generale del Regno, che curò i rifacimenti cinquecenteschi del Castello, ma che nel 1570 fu arrestato per essersi fatto garante di un debitore insolvente. Perse così tutti i suoi beni e venne richiuso nelle segrete del castello di Lecce che egli stesso aveva fatto edificare, dove morì dopo quattro mesi di prigionia. Durante i lavori di restauro sarebbe stata registrata anche l’apparizione, in alta uniforme, del generale Tommaso Romano, commendatore di Terra D’Otranto, morto nel 1857 e sepolto nella Cappella di Santa Barbara. Cappella dismessa agli inizi del ‘900, quando il castello fu adibito a caserma. Ma il fantasma più celebre del castello resta sicuramente quello senza nome di un bambino, figlio di un militare di stanza nel Castello, che nel 1952 sarebbe caduto in un pozzo collegato al fantomatico fiume Idume. Vane le ricerche del bimbo, che sparì inghiottito dall’oscurità. L’unica traccia della sua presenza sarebbe il lamento disperato con cui, ogni notte, invocherebbe, dalle profondità del castello, l’aiuto del padre. In tempi moderni squadre di Ghost Hunters hanno indagato e avrebbero anche registrato tali presenze nel vecchio e austero maniero.
Anche il Museo Faggiano ha il suo spettro, quello di un monaco, visto, o intravisto, da differenti testimoni nel corso degli ultimi 10 anni, mentre attraversa il muro tra la sala convegni e quella adiacente: proprio in quel punto sarebbe stata rinvenuta un’antica porta poi murata.

Tre fantasmi a palazzo Sambiasi - Foscarini

Ben tre sarebbero invece i fantasmi di Palazzo Sambiasi-Foscarini al civico 31 di via Marco Basseo, tra questi quelli della moglie del proprietario (XVIII secolo) e del servitore con cui aveva una storia d’amore clandestina: lui fu gettato in un pozzo, lei murata viva nelle spesse murature del palazzo, dove sarebbe tuttora sepolta.
E a proposito di amori tragici, gli osservatori più attenti avranno notato su Federico di Aragona, all’incrocio con vico del Theutra, una piccolissima effige, un volto di donna, posta sullo spigolo al primo piano del palazzo che fa angolo. Si narra che in quel palazzo sia vissuta una giovane, che spesso si affacciava al balcone della sua stanza che dava su vico del Theutra. Il ragazzo che risiedeva nel palazzo di fronte se ne innamorò e tra i due nacque un amore platonico, fatto di sguardi e sorrisi. Una volta scoperta la scandalosa relazione, il padre di lei fece murare la finestra e rimuovere il balcone. A nulla valsero le suppliche della ragazza, che, privata della possibilità di vedere il suo innamorato, si tolse la vita. Lui, straziato dal dolore, notte tempo fece scolpire il volto dell’amata per continuare a guardarla dal suo palazzo. Sulla vicenda esiste anche una seconda versione, probabilmente meno romantica della prima, secondo la quale in quel palazzo sarebbe vissuta la nonna di Sigismondo Castromediano (della nobile famiglia Calasso) alla cui morte il marito, di lei innamoratissimo, fece scolpire la sua testa. Entrambi esempi di come il vero amore vada anche oltre la morte e non c’è sortilegio che tenga.

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