Lecce si mobilita: «Ingiusto “sfrattare” Pignatelli dal castello»

L'amministrazione gli ha destinato il Must

Lecce si mobilita: «Ingiusto “sfrattare” Pignatelli dal castello»
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Mercoledì 3 Novembre 2021, 07:47 - Ultimo aggiornamento: 07:55

Comune di Lecce non pervenuto, Soprintendenza altrettanto: troppo impegnati a risolvere il problema della co-gestione del Castello Carlo V. Dove ingresso, infopoint e primo piano sono attualmente nella disponibilità di Palazzo Carafa, mentre i restanti due terzi sono saldamente nelle mani della seconda, ma si dialoga - spiegano dal primo - per sbrogliare una volta per tutte il nodo della sovrapposizione di competenze. Intanto la città discute della vicenda delle opere di Ercole Pignatelli in procinto di tornare al mittente: giusto risolvere con un azzeramento della donazione del maestro, dopo sedici anni di presenza nella Torre Mozza del maniero leccese, il problema della mancata autorizzazione all’allestimento sollevato dalla Soprintendenza solo nel 2018?

Il gallerista


La questione è stata affrontata con un taglio netto, nei giorni scorsi, dalla giunta Salvemini: risoluzione dell’atto di donazione, appunto, e invito a Pignatelli a riprendersi le sue opere, a sua cura e spese. «Una follia». Così Tiziano Giurin, gallerista e presidente dell’“Art&Co Museum”. «Un gesto terribile, qualsiasi amministrazione l’avesse fatto: rimango basito e quasi senza la forza di rispondere. Non si può sbattere fuori così un artista del territorio, a prescindere dalla sua importanza, e non ho ancora capito che programmi abbia il Comune per questo Castello. Davvero, un’offesa grave non solo a Pignatelli, ma a tutta la città: chiedano scusa». 

Il docente


Di diverso avviso Lorenzo Madaro, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di belle arti di Catania: «Capisco il rammarico di Pignatelli, ma è francamente esagerato riservare un museo personale ad un unico artista in una città come Lecce dove esistono altri artisti, generi, momenti storici meritevoli di attenzione. Nulla di personale contro di lui, sia chiaro, ma spero davvero che il Castello diventi quanto prima un luogo di fruizione pubblica cui dedicare una programmazione sistematica e curata».

Il critico


«Pignatelli è uno dei pochi artisti leccesi a poter vantare un curriculum di una certa ampiezza, qualità e storia: non è che ce ne siano tanti di questo livello». Così il critico d’arte Toti Carpentieri. «Ed è un peccato che a Lecce non si riesca mai a garantire una scala di valore tra artisti, nonostante la città sia sempre stata antesignana nel campo - già nel 1910 si parlava ad esempio di futurismo - e realtà di grande vivacità culturale, purtroppo sempre mortificata dalla gestione politica e dalle incomprensioni tra istituzioni: abbiamo per esempio tre istituzioni di alta formazione - Accademia di Belle Arti, Conservatorio, Università - che raramente dialogano tra di loro.

A questo punto, se proprio non si può rispettare l’accordo con l’artista, restituiamogli le opere, ma al contempo scusiamoci con lui e facciamo pubblica ammenda. Perché questa, per Lecce, è un’occasione mancata: abbiamo davvero bisogno di programmare attività espositive di valore a livello pubblico… negli anni Ottanta, almeno, in città c’erano almeno otto gallerie private conosciute a livello internazionale. Ma oggi?». 

L'urbanista


Il problema, fa notare l’urbanista Nicolangelo Barletti, ha portata generale, non riservata esclusivamente né al Castello Carlo V né a Lecce: «Ercole Pignatelli ha una sua storia artistica riconosciuta, piaccia o no - io per esempio gli preferisco De Candia, Re, Suppressa, Moscara - quindi la vicenda è spiacevole. Perché il tema è sempre scivoloso, quando si parla d’arte. Ed è assurdo che ancora non si riesca a definire la querelle del Castello tra Comune e Soprintendenza: forse bisognerebbe fare una raccolta di firme, mobilitare tutti su questo, tanto i politici quanto i cosiddetti intellettuali. La questione della gestione dei beni pubblici, soprattutto qui al Sud, è drammatica, e basta controllare i ricavi dei biglietti d’ingresso per constatarlo: a Lecce, certo, ma anche a Copertino con il suo Castello, tenuto sotto chiave dalla Soprintendenza quando sicuramente la città saprebbe usarlo in maniera più produttiva e utile alla collettività. La solita storia del muro di gomma delle burocrazie, che impedisce ai Comuni di fare qualsiasi cosa - men che meno programmazione strategica - e alle comunità di essere titolari appieno del proprio territorio».

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