Lecce, l'arcivescovo Seccia benedice il reddito di cittadinanza

L'arcivescovo, Michele Seccia
L'arcivescovo, Michele Seccia
di Paola COLACI
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Martedì 25 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 01:59

Lo aveva già detto nei giorni scorsi il presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), il cardinale Matteo Zuppi, nel giorno in cui la Caritas rendeva noto che quasi 2 milioni di famiglie sono in condizione di povertà assoluta: «Speriamo che il governo sappia affrontare con molto equilibrio la questione del reddito di cittadinanza, percepito da 4,7 milioni di persone ma che raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti». E a rimarcarlo ora è anche l’arcivescovo di Lecce, Michele Seccia: «È fuori di dubbio che il reddito di cittadinanza sia uno strumento necessario e indispensabile, ma, come sostiene il card. Zuppi, esso va aggiustato».

La Chiesa sull'agenda del governo

Metabolizzata la fase della formazione del governo, dunque, ora anche per la Chiesa è tempo di programmare l’agenda del Governo. E il mondo del sociale auspica un’attenzione rinnovata sul fronte della lotta alle povertà. Nel 2021, infatti, la povertà assoluta ha confermato i massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia. Un milione 960mila, pari a 5.571.000 persone in stato di indigenza - secondo il XXI Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale - con un’incidenza più alta nel Mezzogiorno. In questo contesto allarmante il reddito di cittadinanza “raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%)”, mentre “sarebbe opportuno assicurarsi fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti”. Garantendo anche “adeguati processi di inclusione sociale” si legge nel report. 
Una riflessione che fa sua anche Seccia.

La riflessione: «No allo scontro politico sul Reddito»

Pur condividendo la necessità mantenere attiva la misura dell’assegno sociale, l’arcivescovo di Lecce in premessa comunque non lesina un attacco a quanti - partiti e movimenti - hanno fatto del reddito di cittadinanza argomento da propaganda politica. Soprattutto durante la campagna elettorale, quando lo scontro tra chi puntava a blindare l’assegno (in testa il Movimento 5 Stelle) e chi invocava, se non l’abolizione, comunque una radicale modifica (Lega e Forza Italia in particolare) ha raggiunto l’apice. «Da pastore di una Chiesa del Sud, alla ricerca costante di una mediazione tra il disagio provocato dalla povertà intesa in senso lato e il benessere sociale - sferza la classe politica Seccia - mi ha rattristato il fatto che spesso, in campagna elettorale, sia stato strumentalizzato per propaganda in maniera discriminante per chiedere il voto ai cittadini: come se l’aiuto e il sostegno alle fasce deboli della popolazione fosse qualcosa che appartenga in esclusiva a qualche leader o a qualche partito. Se ci sono due principi, invece, che dovrebbero unire anche le più distanti parti sociali e politiche dovrebbero essere proprio quello sussidiarietà e quello di solidarietà, a vantaggio dei deboli e dei fragili».
Dunque, la riflessione sull’essenzialità della misura da parte del numero uno della Chiesa salentina.

«Ha salvato molte persone e famiglie»

«Non dimentichiamo che il reddito di cittadinanza ha salvato negli ultimi anni molte persone e tante famiglie dal baratro della disperazione e della miseria totale. E ora che la crisi economica si sente già in tutta la sua prepotenza, sarà uno strumento piuttosto da rinforzare ancora di più? Come?» rimarca l’arcivescovo.
Quindi il doppio binario di azione per rendere la misura ancora più efficace non solo in relazione al tema del sostegno al reddito. Ma anche e soprattutto nella prospettiva di creare futura occupazione. «Due potrebbero essere le strade. La prima: al fine di incrementare il budget statale occorrerebbe, da parte del nuovo Governo, implementare - elemento che fino ad oggi non è decollato totalmente - il sistema dei controlli per stabilire la verità su chi ne ha veramente bisogno e chi, abusando del sussidio, preferisce non cercare un lavoro, oppure lo rifiuta perché faticoso o, peggio ancora, svolge attività non regolari, diventando così anche evasore fiscale a totale danno del bene comune. Verrebbero liberate così nuove risorse da destinare a chi è davvero impossibilitato ad autosostenersi - fa sintesi Seccia - La seconda: avviare finalmente, approfittando dei fondi del Pnrr, serie politiche sociali e di sviluppo per la creazione di nuovi posti di lavoro senza costringere i padri di famiglia a chiedere il reddito di cittadinanza o addirittura ad emigrare dal Sud pur di garantire il necessario ai propri figli. Sarà un passo decisivo al fine di restituire così la giusta dignità a chi è svantaggiato per i più svariati motivi».
Insomma, «il reddito di cittadinanza non può essere uno strumento di assistenza definitivo per chi può lavorare, ma piuttosto una stampella temporanea che consenta ai cittadini in difficoltà di ripartire con fiducia e speranza» conclude Seccia.

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