Processo "Eclisse": «L’agenzia estranea alle affissioni gestite dal clan della Scu»

Processo "Eclisse": «L’agenzia estranea alle affissioni gestite dal clan della Scu»
di Erasmo MARINAZZO
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Mercoledì 11 Gennaio 2017, 06:44 - Ultimo aggiornamento: 16:13
Lo dice la sentenza del processo “Eclisse”: era monopolizzata dal gruppo facente capo a Sergio Marti, l’affisione dei manifesti della campagna elettore del 2012. Solo Marti e i suoi uomini avrebbero avuto i contatti con i comitati elettorali e direttamente con i candidati al consiglio comunale. Anche per dare indicazioni sui rappresentanti di lista. Una gestione talmente autonoma di quel settore, da poter decidere per quanto tempo tenere attaccati i manifesti, quali coprire e quali lasciare esposti più a lungo. Insomma, per favorire o svantaggiare questo o quel candidato 
A queste conclusioni è arrivato il giudice per l’udienza preliminare, Giovanni Gallo, nelle 801 pagine delle motivazioni della sentenza del processo con rito abbreviato (si celebra sugli atti dell’inchiesta e delle difese) dell’operazione “Eclisse”, depositata a un anno dalla richiesta di rinvio a giudizio e che ha interessato 80 imputati (63 condanne con decine di imputazioni).
 
Valutando le carte dell’inchiesta del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Guglielmo Cataldi, e dei poliziotti della Squadra mobile, nonché le tesi dell’avvocato difensore Riccardo Giannuzzi, il giudice Gallo si è convinto dell’estraneità dell’imputato Vittorio Castelluzzo, 78 anni, di Lecce, titolare dell’impresa, iscritta alla Camera di commercio, che si occupa di affissioni di manifesti.
Assolto “per non aver commesso il fatto” dall’accusa di concorso esterno nell’associazione mafiosa capeggiata da Maurizio Briganti, cioè dal boss che avrebbe messo in campo i suoi uomini per portare denari nelle casse della Scu, mettendo le mani sul bran delle affissioni della campagna elettorale del 2012. Il pubblico ministero Cataldi aveva chiesto la condanna a sette anni di reclusione, il giudice ha invece ritenuto che nelle carte dell’inchiesta emergesse un altra cosa: nessun coinvolgimento di Castelluzzo, nelle tante telefonate intercettate ce n’è uya sola che lo riguarda e non è risultata compromettente.

«Emerge che era Sergio Marti a gestire in prima persona l’intera attività relativa alle affissioni elettorali», dice la sentenza del processo in abbreviato. «Era l’unico autorizzato dalla criminalità organizzata, con il coinvolgimento di Maurizio Contaldo. In definitiva non vi è prova che Castelluzzo fosse consapevole delle modalità di gestione dell’affissione dei manifesti elettorali a Lecce, operata da Mario Blago e Sergio Marti e dei legami di quest’ultimi con gli esponenti della criminalità organizzata locale». 
Blago e Marti hanno scelto il rito ordinario con il processo in aula, per difendersi dalle stesse accuse da cui è stato assolto Castelluzzo. Prossima udienza il 13 febbraio prossimo, con ancora testimone il collaboratore di giustizia Gioele Greco. Questo processo in corso davanti al presidente della sezione penale, Roberto Tanisi, stabilirà se siano responsabili o meno dei reati contestati.

Intanto le valutazioni del giudice Gallo sono state fatte sugli atti delle indagini. Ed hanno riguardato anche due imputati del processo in aula per definire il ruolo di Castelluzzo nella contestazione di aver dato un appoggio alla criminalità organizzata durante la campagna elettorale del 2012.
Ma quali atti hanno formato il convincimento del giudice? Innanzitutto le tante telefonate intercettate fra Sergio Marti con i comitati elettorali, con gli uomini di fiducia dei candidati e con gli stessi candidati. Il giudice cita intercettazioni con politici ed in cui si fanno nomi di politici nel riferire di accordi presi per la distribuzione dei manifesti. Intercettazioni anche il giorno del voto, il 6 maggio del 2012. Come anche durante le primarie.
E a convincere il giudice Gallo del ruolo di primo piano di Sergio Marti, e dell’estraneità di Castelluzzo nel coinvolgimento della Scu nelle affissioni, anche un dialogo telefonico in cui Marti parlò del metodo di selezione dei candidati: “Allora, gli ho detto tutto stasera. Facciamo così che domani mattina poi togliamo tutto e ne rimane uno solo. E facciamo mettere le teste delle altre persone. Raddoppiate. Almeno poi gli ultimi tre giorni organizziamo tutti i manifesti per tutti. E poi ci regoliamo noi. Le quattro teste più forti che devono rimanere”. Se questa strategia fu effettivamente messa in pratica ed a cosa mirasse, è una questione che riguarda il merito del processo che vede Marti imputato.

Intanto in questo processo è stato indicato come il trade d’unioon fra Scu e politica, anche per quella intercettazione in cui una donna gli chiese che strada seguire per diventare rappresentante di lista. E Marti le consigliò di chiamare Mario Blago.
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