Rosso, patron di Diesel: «Investire in Salento? Potrei provarci»

Renzo Rosso, patron di Diesel
Renzo Rosso, patron di Diesel
di Pierpaolo SPADA
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Sabato 1 Ottobre 2022, 05:00

Con sneakers bianche, hoodie e jeans, sotto una giacca black, Renzo Rosso, fondatore del marchio Diesel, si è presentato puntuale e a piedi al Paisiello per ritirare il suo premio. E, prima di tutto, ha detto: «Sono felicissimo di essere qui». 
Rosso, è la sua prima volta a Lecce? 
«Ci ero venuto tanti anni fa per assistere alla partita di calcio tra la squadra della città e il Bassano. Oggi ci ritorno e ho già visto qualcosa che mi affascina moltissimo. Quindi, spero di poter ritornare con più calma perché, nel passeggiare, si riesce ad apprezzare il sapore buono di questo luogo». 
Con la moda, quella di lusso, pur operando conto-terzi, il Salento sta ri-costruendo ricchezza e occupazione. Conosce questa filiera, già frequentata dai più importanti brand del mondo? 
«In Puglia siamo presenti con delle basi produttive. È una regione che da tempo parla da sé, con i fatti. Nel Sud Italia, è il luogo in cui più si vede l’ingegno, la voglia di fare delle persone». 
Ma le è stato mai proposto di investire nel Salento? Ci ha mai pensato? 
«Io mi sto legando molto ad Aldo Melpignano, che gestisce Borgo Egnazia. Sto facendo delle cose con lui. Quindi, potenzialmente anche con lui possiamo fare qualcosa in questo territorio». 
Cosa più la intimorisce dell’idea di investire in questa parte d’Italia? 
«A me interessa trovare la sintonia con la persona con la quale stabilisco un legame e sapere che si possa fare un buon lavoro insieme. Dove ciò avvenga non ha importanza: puoi veramente fare qualcosa ovunque, se lo vuoi». 
In questo momento, il contesto internazionale suggerisce prudenza. Contro il rischio recessione la moda quale ruolo si è dato?
«Il settore sta andando abbastanza bene nonostante il momento difficile, tra guerra, costi energetici e materie prime irreperibili. Essendo un gruppo molto bene localizzato, riusciamo a vivere meglio rispetto agli altri perché riusciamo a comprare i capi di valute e l’energia in anticipo. Quindi, riusciamo perlomeno a stare dentro le nostre schede di costo nei 6 mesi in cui andiamo a disegnare e produrre dei campioni e a consegnarli. Poi, ovviamente, ti devi adeguare per quelle che sono le realtà della stagione successiva. Essendo gruppo, riesci a contingentare bene tutti questi aspetti». 
Sta consigliando anche alle piccole realtà del Salento di unirsi? 
«Si alleino di più con le grandi organizzazioni, perché possono usufruire di grandi vantaggi, in chiave tecnologica e di sostenibilità, perché non sono sostenibili, i brand del futuro non saranno presi in considerazione dai consumatori giovani. Sostenibilità e tecnologia rendono vincenti le aziende come la mia. Se si crea aggregazione, se si unisce cioè la filiera all’industria si fa qualcosa di spettacolare. Noi continuiamo a farlo, col progetto “Cash”. Ci stiamo alleando con la filiera, che è la parte che mette la mano nella produzione che trasforma ciò che noi creiamo».       La filiera resta, però - pure al Sud - anche il luogo in cui l’impresa di moda crea sfruttamento. Nella crescita esponenziale che i brand stanno vivendo, c’è spazio anche per quella - indiscriminata - di chi contribuisce ogni giorno a determinarla? 
«Secondo me, sì. Bisogna iniziare a condannare le persone che sfruttano. Nelle nostre realtà facciamo degli audit: chi vuole lavorare per noi deve attenersi alle nostre regole: retribuzioni adeguate e condizioni ambientali di sicurezza mai sotto un certo standard. Sostenibilità è anche sociale: ecco perché, se ci fosse maggiore allineamento all’industria medio-grande, si potrebbe abbattere questo sfruttamento, che esiste, si respira, ma non nelle nostre aziende. E vivremmo tutti meglio. Sarebbe anche ora che il Sud, che ha dato molti voti a chi istituito il Reddito di cittadinanza, capisse che quello strumento porta fuori da un discorso positivo, di impiego e crescita. Se, da un lato, si usasse il Reddito solo per le persone che ne hanno davvero bisogno e, dall’altro, si defiscalizzasse l’assunzione dei giovani e aumentassero gli stipendi minimi, si darebbe una botta di positività a tutto il mercato». 
Quindi, è contento che a vincere le elezioni sia stata Giorgia Meloni?
«Io le ho fatto i complimenti, personalmente.

E le ho consigliato: “Circondati di ministri competenti, che siano più manager che politici”, perché con ciò che produciamo possiamo davvero diventare un Paese unico al mondo».

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