L'ex boss della Sacra Corona Unita cambia nome e cognome. Una nuova identità per Cerfeda e la sua famiglia

L'ex boss della Sacra Corona Unita cambia nome e cognome. Una nuova identità per Cerfeda e la sua famiglia
di Roberta GRASSI
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Martedì 27 Dicembre 2022, 18:58 - Ultimo aggiornamento: 28 Dicembre, 12:22

L'ex boss della Sacra Corona Unita cambia nome e cognome. Una nuova identità per Cerfeda e la sua famiglia. Il programma di protezione speciale si ferma, ma il pentito potrà cambiare per sempre identità. E con lui, tutta la sua famiglia. Un nuovo nome e cognome, l’inizio vero di una seconda vita

La sentenza del Tar


Lo ha stabilito una sentenza emessa sullo storico collaboratore di giustizia leccese, Filippo Cerfeda, storico boss della Scu Salentina poi pentito dopo l'arresto, che agli inizi dell’anno aveva impugnato dinanzi al Tar del Lazio (e già ottenuto la sospensiva) il provvedimento del Ministero dell’Interno con cui gli veniva negata la proroga al regime “eccezionale” cui era sottoposto. Gli venivano concessi tanto l’erogazione della capitalizzazione per due anni, quanto l’accompagnamento con scorta in occasione degli impegni giudiziari, l’assistenza legale, il mantenimento del domicilio presso la Commissione centrale e la segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza per le adeguate misure di tutela.  Ma non la possibilità di voltare realmente pagina. Di recidere quell’ultimo filo che lo lega al passato: le generalità. 
Cerfeda, la moglie e i due figli si erano rivolti a un legale, l’avvocato amministrativista Enrico Morcavallo, e avevano presentato ricorso ai giudici amministrativi. 

La decisione di non prorogare il programma scaduto nel 2015 era stata assunta su pareri conformi della Dda e della Dna.

Entrambe, tuttavia, avevano indicato il cambio di generalità come “condizione” al parere favorevole.

Una nuova identità


«Il cambio delle generalità - rileva il Tar - è misura straordinaria che garantisce la sicurezza dei ricorrenti in maniera ben più incisiva del mero mantenimento dei documenti di copertura che contengono le generalità usate fino a oggi». 
E ancora: «L’eccezionale livello della collaborazione appare giustificare la misura anche alla luce della persistenza degli impegni giudiziari». Insomma: la Dda e la Dna erano favorevoli a concedere a Cerfeda la possibilità di cambiare nome per ragioni di sicurezza, la Commissione centrale non ha spiegato adeguatamente le ragioni del proprio dissenso.

Chi è

Cerfeda ha confessato 15 omicidi, alla guida del clan leccese dal pentimento di Dario Toma fino all’arresto in Olanda a marzo del 2003 e passato a collaborare ad agosto di quell’anno consegnando agli inquirenti un fitto e puntuale diario scritto di suo pugno su fatti e persone della sua reggenza della frangia della Scu facente riferimento al boss storico Giovanni De Tommasi.

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