Una città in evoluzione. Ma solo lo sforzo comune aiuta la just transition

Una città in evoluzione. Ma solo lo sforzo comune aiuta la just transition
di Irene NANNI, Angelo SALENTO
5 Minuti di Lettura
Giovedì 21 Luglio 2022, 15:07 - Ultimo aggiornamento: 15:28

La ciclica querelle sulla movida è tornata, con rinnovata veemenza, a rivelare nodi irrisolti, e per certi versi rimossi, delle trasformazioni urbane nel Capoluogo. Se nelle grandi città le trasformazioni urbane legate alla cosiddetta gentrification e alla mise en tourisme dei centri storici sono discusse pubblicamente, nelle città medio-piccole soprattutto con basso reddito pro-capite questi fenomeni vengono più spesso accolti senza riserve, nella convinzione che non ci si possa permettere di mettere in discussione quella che appare, se non l'unica, la via più semplice e immediata per mantenere alla città un qualche benessere materiale e simbolico. Sennonché, lasciate al loro libero dispiegarsi, queste forme di valorizzazione tendono a diventare una monocoltura: la città ne diventa dipendente e la fantasy town tende ad assoggettare la città reale.

Dalla gentrification alla movida


A Lecce la gentrification del centro storico Lecce vecchia, si diceva allora è iniziata negli anni '80, con i primi interventi di restauro (L.R. Puglia n. 45/1980) e una prima ondata di espulsioni della popolazione residente. Dalla seconda metà degli anni '90 le iniziative di riqualificazione, pubbliche e private, hanno assecondato le esigenze della valorizzazione turistica e del consumo ludico. Negli ultimi quindici anni la tendenza è divenuta parossistica e il centro storico ha visto mutare radicalmente la propria destinazione. Secondo dati Confcommercio, fra il 2008 e il 2018, le attività di commercio al dettaglio nel centro storico si sono ridotte del 12,6%, soverchiate dalla crescita (+40%) delle attività turistiche e di ristorazione.

L'effetto del turismo sul mercato delle locazioni


L'avvento delle piattaforme per le locazioni brevi (in particolare Airbnb) ha contribuito notevolmente. Nel 2005 la sociologa Carla Izzi rilevava che risultavano attivati a Lecce ben 92 bed and breakfast di cui la metà nel centro storico, ma oggi i dati (inediti) del sito Inside Airbnb permettono di contare a Lecce (marzo 2022) 1.733 annunci per locazioni brevi, distribuiti in gran parte nel centro storico (v. mappa). Ovviamente non si tratta della tradizionale offerta di stanza e colazione in un appartamento abitato da residenti: più della metà degli annunci (67,5%) si riferisce ad appartamenti interi, gestiti in forma imprenditoriale; per il 65,1% dei casi, gli annunci sono gestiti da utenti cui fanno riferimento molte proprietà, e si contano fino a trenta appartamenti sotto lo stesso nome. La dinamica, dunque, è quella di un contesto in cui la valorizzazione turistica trasforma radicalmente il mercato delle locazioni e, con esso, il mercato delle abitazioni. I dati (fonte Omi Agenzia delle Entrate) aiutano anche a comprenderne l'impatto sugli abitanti: fra il 2014 e il 2021 il costo delle locazioni residenziali, nel centro di Lecce, è aumentato del 23%, trascinando verso l'alto i valori di tutta la città e riducendo la disponibilità stessa di abitazioni per uso residenziale. In altri termini, la pressione della valorizzazione turistica espelle progressivamente dal centro urbano la funzione residenziale e rende assai meno accessibili, in tutta la città, le locazioni per i residenti.


A quest'impatto sul benessere economico vanno aggiunti altri effetti perversi della dipendenza dall'economia del turismo e del consumo ludico: il tessuto sociale e culturale dei centri storici si impoverisce, erodendo il significato stesso dei luoghi; declina la qualità della vita per coloro che continuano ad abitare nel centro storico per scelta o per necessità, perché si riducono le attività commerciali non turistiche e crescono le esternalità negative della fruizione da intrattenimento, come l'affollamento, la rumorosità, l'effetto di deprivazione degli spazi di vita, l'alterazione dei ritmi circadiani della vita urbana. Il bilancio delle trasformazioni dunque, quando non vengono governate, non è necessariamente positivo: esse agevolano l'accumulazione di rendita a vantaggio di titolari di patrimoni consistenti e di investitori forti, ma è del tutto implausibile che contribuiscano al benessere economico e alla qualità della vita dei più.
Nel Capoluogo salentino i lati oscuri della fantasy town sono più o meno noti, ma una vera consapevolezza tarda ad affermarsi. Il ricatto del reddito è forte, la città (e in verità il Salento tutto) si è incanalata in un sentiero di forte dipendenza dall'economia del turismo e del loisir. Mettere in atto rimedi quelli possibili alla scala urbana, beninteso è tanto urgente quanto difficile. Prima di tutto, è necessario comprendere che porre correttivi non implica di per sé rinunciare all'attrattività turistica (che è giustamente entrata nell'identità stessa della città), ma cercare una produzione di reddito sostenibile, durevole ed equa, avendo cura del patrimonio su cui si fonda la prosperità urbana. In secondo luogo, bisogna mettere a fuoco la natura dei rimedi attivabili. La protezione dei centri storici e dei loro abitanti dagli effetti più pesanti è il minimo indispensabile: di regole come i vincoli orari per le attività di ristorazione e somministrazione, benché possano destare le resistenze di esercenti e consumatori ludici, non si può fare a meno. E anche inibire la nuova apertura di attività siffatte può dare qualche risultato.
I rimedi strutturali richiedono ovviamente un impegno più intenso. Il presupposto è che un centro urbano può reggere il peso della fruizione turistica e del consumo ludico soltanto se riesce a essere un contesto vivibile e pregno di senso per i suoi abitanti. Per essere abitabile (e in secondo luogo attraente) la città dev'essere grounded: deve avere radici solide, disporre di un'economia fondamentale in grado di sostenere una vita quotidiana di qualità. In quest'ottica, la pianificazione e le politiche urbane anche in un contesto di scarsità di risorse pubbliche per la spesa corrente devono e possono introdurre nel centro storico elementi funzionali alla vita quotidiana dei residenti e dei city users abituali (lavoratori, studenti, utenti dei servizi). La fiscalità locale può essere utilizzata per incentivare attività economiche a basso impatto (non necessariamente commerciali); le risorse disponibili su bandi possono essere impiegate per la realizzazione di infrastrutture sociali per l'utenza residenziale, per insediare servizi pubblici (sanitari, di assistenza, di istruzione), per migliorare le condizioni di accessibilità di quelli già operanti (anche in termini di mobilità urbana). È un percorso che richiede capacità amministrative e progettuali, ma anche una ragionevole convergenza degli animatori di opinione pubblica. Un'amministrazione comunale, benché mossa dalle migliori intenzioni e da professionalità di livello, non può da sola riuscire nell'impresa, se non si afferma l'idea di una sfida comune per una just transition della città, ovvero per una vita urbana prospera e sostenibile per tutti, nel lungo termine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA