Amore e lavoro: gli 80 anni di Oronzo De Matteis, il Cavaliere della Cotognata

Amore e lavoro: gli 80 anni di Oronzo De Matteis, il Cavaliere della Cotognata
di Leda CESARI
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Sabato 4 Marzo 2023, 11:30 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 20:04

Nella vita ci vuole fortuna, e questo provate a smentirlo, se ci riuscite. Inconfutabile, però, è anche l'evidenza che questa benevolenza della dea bendata vada aiutata, per produrre appieno i suoi effetti: con pazienza, costanza, lavoro. Elementi innegabilmente apotropaici che, oltre a spezzare gli influssi maligni, contribuiscono all'attecchimento di quelli favorevoli. E aiutano la costruzione di una vita piena di bellezza e gratificazioni materiali e spirituali. Lui, per esempio, c'è riuscito. E oggi che inaugura il suo ottavo decennio di vita può guardarsi allo specchio e dirselo: "Sono stato fortunato, sono stato bravo". Anche se quell'elogio va esteso a una terza concausa: la fortuna, va bene, e poi l'impegno di ogni giorno. Ma pure, non da ultima, lei, l'altra metà del cielo: Luciana, degna consorte di Oronzo De Matteis

Pasticciere a dieci anni


Mai il festeggiato vorrebbe infatti celebrare i suoi 80 anni, che cadono appunto domani, senza citare quella donna con cui ha dato materia a una vita di soddisfazioni: figli, nipoti, benessere, premi e onorificenze. Nato a Lecce il 5 marzo 1943 - sì, lo stesso giorno di Lucio Battisti - ultimo di otto figli e presto costretto a rinunciare alla presenza del padre, Oronzo De Matteis comincia a lavorare subito, come si usa a quei tempi: a dieci anni, nella Pasticceria Cesano di viale Marconi a Lecce, appunto. Ma, da bravo Pesci, è uno spirito inquieto - "che non trova rigetto", diremmo da queste parti - e quindi diciottenne si trasferisce a Roma per prestare opera al "Gran Caffè Berardo", storico locale nella Galleria di Piazza Colonna. Ci rimane per un po', poi fa il militare a Caserta e se ne torna all'ovile: banconista e infine pasticcere di nuovo a Lecce, Pasticceria Cesano. Dove incontra appunto Luciana, che sposa nel 1969. Gli eredi non tardano: nel 1971 arriva Davide, nel 1973 Maria e nel 1976 Barbara. 
E poi la Sfida: rilevare quel bar in cui ha iniziato a muoversi praticamente bambino.

La Cotognata

Nasce così, nel 1975, la "Cotognata leccese", autentico tempio della tradizione della gastronomia leccese: street food - rustici e pasticciotti, of course - ma non solo.

E naturalmente montagne di quella delizia che gli dà il nome e che continua ad essere prodotta artigianalmente, sebbene in quantità industriali che poi prendono il volo per il mondo intero. Lavoro, tanto: la "Cotognata leccese" apre la mattina presto e non chiude prima delle 21.30, senza peraltro osservare turno di riposo. Un impegno premiato con riconoscimenti importanti: Oronzo De Matteis, per dirne una, è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2000 dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. E la sua pasticceria è diventata nel frattempo meta di cineasti e attori che hanno voglia di prelibatezze leccesi, da Ferzan Ozpetek a Elena Sofia Ricci (che si è vista proprio in questi giorni). E poi il sostegno della famiglia, che naturalmente si è allargata: Davide ha sposato Ekaterina, e insieme gestiscono il bar-ristorante dei record "300mila", poche decine di metri in linea d'aria. Maria ha impalmato invece Emanuele, divenuto uno dei pilastri della tradizione pasticcera familiare, e Barbara, single incallita, alterna invece set e pomeriggi dietro il bancone. Poi ci sono tre nipoti che pure promettono bene, Matteo, Giorgio e Andrea.


«La vita che nostro padre ha vissuto è stata un crescendo di salite, ma anche di traguardi. Non sono mancati i momenti duri, ma lui da questi ha tratto forza per insegnarci che solo attraverso i sacrifici, l'onestà, l'umiltà si può arrivare in cima», spiega Barbara a nome dell'intera famiglia. «E che in vetta c'è sempre qualcosa di immenso: l'amore di Dio che ti tende la mano». Famiglia, impegno, lavoro: «Come festeggerò i miei ottant'anni? Fin dal mattino presto, come al solito, con i miei amati clienti, e la sera con i miei cari, i parenti e gli amici», spiega l'interessato. Perché la felicità, alla fine, è una cosa semplice: «La mia è avere ancora tanto entusiasmo per la vita e non smettere mai di credere che il lavoro nobilita l'uomo». Davvero.

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