No Tap, sfila la protesta a Lecce

No Tap, sfila la protesta a Lecce
di Alessandro CELLINI
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Venerdì 8 Dicembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 13:27

Un corteo pacifico. Rumoroso, eterogeneo, a tratti anche teso. Ma senza quei momenti di violenza che temevano le forze dell’ordine e per i quali mezza città è stata blindata e chiusa al traffico per un intero pomeriggio. E così il dispositivo di sicurezza schierato lungo tutto il tragitto è servito a seguire passo dopo passo i manifestanti No Tap e No Tav, ad accompagnarli da Porta Napoli a piazza Libertini. Null’altro. Lo strascico violento si è avuto dopo, in piazza Sant’Oronzo. Ma è stato uno strascico, appunto, un fuori programma quando già la manifestazione si era sciolta. E invece per quattro ore tra le strade insolitamente orfane di auto e traffico, è stato tutto un susseguirsi di slogan, rivendicazioni, striscioni, fumogeni, insulti anche. Ma tutto è rimasto confinato nell’ambito delle parole. Forti, ma pur sempre parole. Sui numeri, come da copione, non c’è concordanza: secondo la questura a sfilare erano non più di ottocento persone; dai 2.500 in su, invece, secondo gli organizzatori.
L’appuntamento nel giorno dell’Immacolata è per le 15 a Porta Napoli. Ci vuole tempo affinché la piazza si riempia. E così il corteo parte pochi minuti dopo le 16, dopo che si è diffusa la notizia del fermo di quattro manifestanti, intercettati dalla polizia a Vernole e portati in questura. Attimi di incertezza, smarrimento. «È una provocazione, noi non ci muoviamo da qui finché non verranno rilasciati», dicono gli organizzatori. Poi si decide di partire comunque. È una folla eterogenea quella che comincia a riempire viale Calasso. C’è anche Marco Potì, sindaco di Melendugno. Ma soprattutto ci sono giovani e anziani, famiglie con bambini e universitari, attivisti dell’ultima ora e militanti di lungo corso, ragazzi con le treccine rasta e uomini in giacca e cravatta. Il fronte del no al gasdotto è un fronte che unisce tutti. Così come simboli e bandiere sono il segno della presenza di generazioni diverse: vessilli No Tap e No Tav, certo, ma anche bandiere della Palestina, altre inneggianti a Ocalan (il leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan), altre ancora bianche e azzurre della Grecia. E poi slogan e frasi scritte su improvvisati cartelloni. Il corteo prosegue lentamente, sotto lo sguardo attento degli agenti e con la presenza costante (e rumorosa) di un elicottero. Dagli altoparlanti del furgone messo a capo del corteo escono gli slogan che per tutti questi mesi hanno accompagnato la protesta, messi nero su bianco anche su un volantino letto al termine della manifestazione: «Nelle ultime settimane, in nome del mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, stiamo assistendo ad una eclatante occupazione militare che interessa la zona dei lavori per la realizzazione del mostro Tap, in zona San Basilio, nel comune di Melendugno. Il progetto messo in atto da prefettura e questura svela la vera natura di questa “opera strategica”: garantire e proteggere gli interessi delle multinazionali e dei grandi capitali nella guerra per l’approvvigionamento energetico, che già vede morte e distruzione in tutto il mondo».
L’obiettivo è l’azienda Tap, ma non solo. I manifestanti ce l’hanno anche con le associazioni che hanno ottenuto finanziamenti per progetti proprio da parte della multinazionale; con la magistratura, «sorda alle nostre richieste»; con le forze dell’ordine; con il governo, che «decide senza ascoltare la protesta di migliaia di persone»; con i giornali e i giornalisti, questi ultimi definiti «scribacchini del potere». Arriva la notizia della “liberazione” dei quattro attivisti fermati a Vernole, con tanto di foglio di via notificato. Il corteo prosegue. Si vive qualche momento di tensione quando i manifestanti percorrono viale Cavallotti e arrivano all’imbocco di via Imperatore Adriano e, più avanti, di via Trinchese, il cui accesso è bloccato da un nutrito gruppo di poliziotti.

Qualche decina di persone arriva a fronteggiare gli agenti, volano parole grosse, insulti. Ma l’allarme rientra senza che nessuna delle due parti debba passare ai fatti. Il corteo si conclude poco prima delle 19 in piazza Libertini: qui i manifestanti si fermano ad ascoltare le rivendicazioni del popolo No Tap: «Oggi siamo ancora qui per ribadire che non saranno le zone rosse e l’esibizione di forza della polizia a fermare la nostra lotta contro ogni devastazione».

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