Lecce, per il Comune si apre la strada al dissesto. La bocciatura della Corte dei Conti

La decisione nelle scorse ore

Lecce, per il Comune si apre la strada al dissesto. La bocciatura della Corte dei Conti
di Paola ANCORA
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Giovedì 2 Dicembre 2021, 17:59 - Ultimo aggiornamento: 4 Dicembre, 08:11

La Corte dei conti boccia il piano di riequilibrio finanziario del Comune, aprendo le porte alla strada del dissesto. Per Lecce e i suoi cittadini significherebbe veder schizzare le tasse ai livelli massimi consentiti dalla legge. Per l'amministrazione del sindaco Carlo Salvemini, vedersi affiancata una commissione ministeriale che avocherebbe a sé il compito di risanare l'ente. Si tratta solo di una ipotesi: la Giunta è pronta infatti a impugnare davanti alle Sezioni riunite della Corte dei Conti di Roma la delibera dei giudici contabili regionali, accolta ieri con grande sorpresa dagli uffici comunali.

Per il giudici piano inadeguato a risanare l'ente


I giudici hanno ritenuto che il piano di riequilibrio approvato dal Consiglio comunale il 7 gennaio del 2019 e sul quale si consumò un'aspra polemica politica, «non sia proporzionato alle problematiche finanziarie esistenti e non sia idoneo, sia in termini di competenza che in termini di cassa, al risanamento finanziario del Comune». Troppo grave, insomma, è la situazione delle casse pubbliche di Palazzo Carafa e troppo blanda e poco chiara, per la Corte dei Conti, la cura messa a punto da Salvemini. Diversi sono stati i fattori che hanno concorso a questa bocciatura e non tutti direttamente riconducibili all'operato di Palazzo Carafa, come si legge nelle 107 pagine del provvedimento contabile.
Innanzitutto si pone l'accento sulla scarsa capacità di riscossione dell'ente: combattere l'evasione, infatti, dovrebbe consentire di tornare a riempire le esangui casse comunali. Nel 2016 tale capacità era pari al 14,95%; nel 2020 ha raggiunto il comunque modesto livello del 23,83%. Un problema che si trascina da tempo e che, ancora oggi e con la pandemia ad aggravare il quadro complessivo nel quale operano le Pubbliche amministrazioni, non è stato risolto.
Per i giudici i documenti prodotti dal Comune sono poi «confusi, finendo per complicare qualsivoglia valutazione sulla corretta perimetrazione del deficit oggetto della procedura come anche sulle misure di risanamento» e violando le previsioni contenute nel Testo unico degli Enti locali, in base alle quali il bilancio «è redatto nel rispetto dei principi di veridicità ed attendibilità».

La valanga di crediti vantati ma difficilmente esigibili 


Non solo. Ha pesato, sulla bocciatura, anche la mole di crediti vantati da Palazzo Carafa e che sono ritenuti di dubbia esigibilità. Si tratta di crediti maturati molto indietro nel tempo - fino a cinque anni fa - e che difficilmente si riuscirà a recuperare. Per legge quelle voci - utilizzate a lungo dagli Enti locali per far quadrare i conti - vanno via via cancellate dal bilancio: Palazzo Carafa ne ha eliminati già 25 milioni, ma secondo i giudici non ha fatto abbastanza, non ha ottemperato fino in fondo a questo dovere: «I crediti di dubbia esigibilità costituiscono ancora il 30%» del totale di quelli vantati dall'ente. Il totale dei crediti vantati, al netto del Fondo crediti di dubbia esigibilità ovvero delle somme accantonate per ripianare eventuali buchi derivanti da mancate entrate - è pari a 62.407.133 milioni di euro. Dunque quelli che, secondo la Corte, difficilmente si riuscirà a riscuotere ammontano a circa 20 milioni e 600mila euro. Non si tratta, specificano i giudici, di un mero vizio formale nel bilancio, ma del rischio che tali errori risultino strumentali a «una manovra elusiva della salvaguardia degli equilibri del bilancio presidiati dall'articolo 81 della Costituzione».
Gli altri tre determinanti fattori evidenziati dai giudici sono poi l'elevatissimo contenzioso in essere a Palazzo Carafa; l'accumulo di diverse quote di disavanzo, non tutte secondo la Corte - con copertura certa prevista nel piano di riequilibrio e le difficoltà di cassa.
I giudici contabili pugliesi evidenziano anche che «a complicare oltremisura ogni possibile valutazione (e proiezione) relativa alla massa passiva dell'ente, vi sono anche i frenetici e disorganici interventi legislativi» in materia di finanza locale, che hanno previsto svariati tipi di disavanzo generando incertezza e rendendo arduo qualsivoglia «monitoraggio della reale situazione finanziaria e la verificabilità degli obiettivi di rientro dal deficit delle amministrazioni locali».

Il riconoscimento degli sforzi del Comune 


Pur bocciando il piano, tuttavia, la Corte enumera un elenco di azioni positive poste in essere dal Comune: la riduzione progressiva delle spese, anche sul costo del personale; l'aumento dei pagamenti. Anche per questo, l'intenzione di Salvemini è impugnare la delibera inviata dalla Corte anche al ministero dell'Interno e alla prefettura - nei 30 giorni previsti dalla legge: così facendo, in automatico, verrà bloccato l'iter che condurrebbe alla dichiarazione di dissesto, con tutto ciò che essa comporterebbe, dal punto di vista economico-finanziario e da quello politico, non meno importante.
La parola, dunque, passa agli avvocati dell'ente, già al lavoro e alle Sezioni riunite, chiamate a decidere sul destino del Comune e cittadini leccesi.
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