Lecce, il sindaco Salvemini: «Sui lidi abbiamo aperto la strada, bandi il prossimo anno»

Il sindaco Carlo Salvemini
Il sindaco Carlo Salvemini
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 18 Maggio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 19:31

Non accanimento, ma “visione”. Un percorso segnato da una interpretazione normativa precisa, secondo il primo cittadino di Lecce, Carlo Salvemini, ma anche dalla volontà di intervenire sulla libera fruibilità del mare senza ledere l’iniziativa dei privati. L’amministrazione comunale non ha mai mutato posizione. E ha incassato ora una nuova vittoria, al Consiglio di Stato. 
Sindaco, al di là del dato tecnico, si parla ovunque del “caso Lecce”. Erano 13 i ricorsi in discussione al Consiglio di Stato, tutti appelli del Comune. Qualcuno sostiene vi sia stato una sorta di accanimento nei confronti degli imprenditori balneari. 
«Non c’è alcun accanimento contro gli imprenditori balneari, considero l’impresa balneare una risorsa. Il Comune di Lecce, semplicemente, si è incaricato di verificare l’affermazione di un principio. Le concessioni demaniali marittime non possono essere prorogate automaticamente. Ci siamo assunti la responsabilità, attraverso il dirigente, di opporre un diniego motivato a chi ne ha fatto istanza, forti di argomenti che derivano dal diritto dell’Unione, e che sono frutto di una precisa visione sulla titolarità dei beni demaniali, sulla loro accessibilità, sulla loro fruizione e sull’applicazione dei principi del libero mercato, che regolano tutti gli altri settori. Sono principi ribaditi inequivocabilmente prima dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, e oggi con le sentenze della settima sezione». 
Insomma, Lecce ha aperto una strada. 
«Lecce è tra i pochissimi Comuni ad aver intrapreso questo percorso, arrivando a chiedere al Consiglio di Stato di esprimersi in adunanza plenaria perché tutti, amministratori, funzionari, imprenditori eravamo in cerca di chiarezza. La nostra azione è stata determinante e ha consentito effettivamente di voltare pagina su un tema che ancora in questi giorni è oggetto di confronto animato, nell’ambito della discussione sul decreto Concorrenza, all’interno del governo nazionale. L’adunanza plenaria e le sentenze di oggi (ieri, ndr) segnano l’ingresso in un tempo nuovo. Le concessioni demaniali non possono essere considerate dei diritti acquisiti senza scadenza, ma dei titoli concessori assegnati con procedure a evidenza pubblica, sottoposti a scadenza»
Ha corso però anche un rischio, ritenendo la direttiva Bolkestein valida anche senza una legge “intermedia”. Non tutti la pensano così.
«Il principio era già stato affermato dai giudici della Corte costituzionale e dalla Corte di giustizia europea. Motivazioni sufficienti a legittimare la decisione del dirigente di non prorogare le concessioni al 2033. Il principio è stato, poi, nuovamente messo in discussione da una sentenza del Tar. E oggi il Consiglio di Stato, che è il massimo organo della giustizia amministrativa, lo ha ribadito, ristabilendo anche una gerarchia dei pronunciamenti di merito».
Ma ha anche introdotto, a chiare lettere, il tema degli indennizzi per chi ha investito, realizzato strutture e potrebbe poi essere escluso dalle gare. Su questo tema si è spostata la battaglia dei balneari, che ritengono evidentemente leso un loro diritto. 
«Ora spetta alla politica individuare i criteri delle gare, definendo con chiarezza come si debba procedere, anche sul tema di eventuali indennizzi, nel rispetto dei principi enunciati dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Quello che dobbiamo condividere è una valutazione preliminare: l’affermazione di alcuni principi di interesse pubblico va a favore di tutti, non contro qualcuno. Consentire a una maggioranza silenziosa di possibili outsider di proporsi legittimamente, attraverso gare pubbliche, significa aprire uno spazio di opportunità per quanti fino a oggi erano esclusi. Questo non lede i diritti dei concessionari attuali, anch’essi potranno tornare a proporsi».
Dunque, si va a gara. Lecce è pronta?
«L’amministrazione comunale di Lecce ora porterà in approvazione il Piano comunale delle coste, dopo il passaggio in Regione. E poi lavorerà per i nuovi bandi, per la prossima stagione balneare. Quello che continuo a sostenere è che per affrontare il tema del demanio marittimo non basta mettere a gara le concessioni, ma serve una legge che stabilisca un adeguato rapporto tra spiaggia pubblica e spiaggia privata. Dobbiamo regolare una situazione disomogenea. Ci sono molte regioni in cui il rapporto è schiacciato a vantaggio dei privati e si crea una situazione eclatante: ai cittadini è impedito di poter liberamente scegliere se andare al mare per fruire di servizi a pagamento o per godere della spiaggia libera».
Tornando a Lecce, qual è la sua visione, quella della sua amministrazione, rispetto alla fruibilità della costa? 
«La nostra idea è esposta nel Piano Comunale delle Coste. Pianificare per un uso diversificato della costa. Spiagge attrezzate con servizi, spiagge libere, spiagge libere con servizi. Usi balneari, culturali, ambientali e sportivi. Un mix di possibilità e opportunità di vivere il demanio marittimo, a vantaggio di tutti».
Tutto chiaro, ma c’è da rilevare che in questo percorso, il Tar di Lecce sembrerebbe aver espresso una visione opposta a quella del Comune. Fino a sospendere i giudizi, interrogando nuovamente la Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla Bolkestein. 
«Non considero il Tar di Lecce su un versante opposto.

Quella del Tar è una legittima lettura del rapporto tra il diritto nazionale e il diritto unionale a cui seguono conseguenti determinazioni. Nel caso delle concessioni, il Comune ha inteso ricorrere al Consiglio di Stato ottenendo una revisione della sentenza amministrativa di primo grado. Che non ho certo scritto io. Il Consiglio di Stato ha assunto un’iniziativa che appartiene al proprio ruolo».

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