Dopo l’interruzione del rapporto professionale, l’avvocato aveva mandato al cliente le fatture, chiedendo il dovuto per gli onorari. Ma, stando a quanto sostenuto dall’accusa (e da una sentenza in sede civile) il cliente avrebbe reagito vuotando un recipiente di acido sul tettuccio e sulla parte anteriore dell’autovettura, nei pressi della sua abitazione a Lecce.
Il processo
L’uomo è finito a processo e nel corso della prima udienza, dinanzi alla giudice Giovanna Piazzalunga, ha chiesto la messa alla prova. L’istituto che consente di ottenere l’estinzione del reato, qualora si superi un periodo di buona condotta fatto di lavori di pubblica utilità o volontariato.
I fatti risalgono all’ottobre del 2021. La vicenda, così come narrata in denuncia, fu davvero inquietante. Il legale si ritrovò dinanzi all’auto visibilmente danneggiata da una sostanza corrosiva. L’attentatore non aveva però fatto i conti con la presenza sul posto di telecamere private che non avevano immortalato l’intera scena, ma erano riuscite a cogliere l’arrivo dell’uomo che nottetempo aveva versato il liquido.
L’episodio è avvenuto nei pressi dell’abitazione privata del legale, dove viveva con la sua famiglia.
Una volta chiusa l’inchiesta il pm Francesca Miglietta ha proceduto con un decreto di citazione diretta a giudizio per il reato di danneggiamento aggravato. Ne risponde un uomo di 77 anni. Contestualmente partì l’azione civile, al termine della quale, in primo grado è stato stabilito un ristoro di 3.500 euro per i danni patrimoniali arrecati. Cioé per le conseguenze subite dall’autovettura. In sede penale, tuttavia, il legale ha deciso di costituirsi parte civile, assistito dal collega Amilcare Tana, per chiedere anche i danni morali patiti in seguito al gesto intimidatorio.
Per il professionista momenti difficili
Il professionista avrebbe vissuto, e documentato, un grave stato d’ansia dopo i fatti. Ancor più, è stato rappresentato al giudice, considerato che l’auto veniva solitamente utilizzata dalla moglie. Sull’individuazione del responsabile, né il querelante, né la polizia giudiziaria che ha svolto le indagini (i carabinieri della stazione di Santa Rosa) avrebbero avuto dubbi: da tempo l’avvocato chiedeva il pagamento degli onorari e a un certo punto, aveva deciso di procedere inviando una serie di fatture per ottenerne il pagamento, considerata l’attività professionale svolta nei mesi precedenti.
L’imputato, assistito dall’avvocato Giuseppe Corleto, ha avanzato istanza di messa alla prova, come si diceva.