Oltre 90 vittime in 6 mesi: «Così l’Antiracket gonfiava le richieste di fondi»

Oltre 90 vittime in 6 mesi: «Così l’Antiracket gonfiava le richieste di fondi»
di Erasmo MARINAZZO
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 17 Maggio 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 12:05
L’attività svolta dall’“Associazione Antiracket Salento”? Quella dichiarata e quella accertata dall’inchiesta penale contengono dati agli antipodi. Quella dichiarata: 5.945 denunce raccolte dagli sportelli di Lecce, Brindisi e Taranto nell’arco di due anni e quattro mesi. Dal 24 aprile del 2013 al 31 agosto del 2015. Poco meno delle denunce di tutti gli sportelli antiracket a livello nazionale, fece presente il Ministero con una contestazione.
E l’attività accertata dall’inchiesta della Procura e della Guardia di finanza ribalta quei numeri: quasi nessuna assistenza alle vittime di usura e di estorsioni.
La tesi dell’accusa si basa su due cardini: primo, le denunce dei collaboratori degli sportelli. Quelli di Brindisi hanno riferito che nell’arco di tre anni la sede di via Carmine abbia trattato in tutto undici pratiche.
E poi ci sono i dati raccolti con le attività tecniche: con le microcamere piazzate nella sede di Lecce dello sportello. E con le intercettazioni telefoniche. Nel periodo fra il 27 febbraio 2015 ed il 31 agosto dello stesso anno, è stata documentata la quasi totale assenza di vittime del racket. Se qualcuno ha creduto di poter accedere al fondo di ristoro, non si è rivolto all’“Associazione Antiracket Salento”.
I report inviati a Roma per dimostrare il raggiungimento degli obiettivi indicati dal finanziamento di due milioni e 33mila euro del progetto “Pon Sicurezza”, in quello stesso periodo hanno indicato tutt’altra attività: l’arrivo di 90 nuovi utenti. Sempre in quei sei mesi.
 
La tesi delle indagini condotte dai pubblici ministeri Roberta Licci e Massimiliano Carducci con i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria, sostiene per questo che siano stati inviati al Ministero dati inverosimili. E ciò spiegherebbe perché da Roma arrivarono richieste di chiarimento. Perché 5.945 denunce significa oltre sei denunce al giorno, sempre che gli sportelli siano rimasti tutti i giorni a disposizione del racket per tutti i giorni.
Sei denunce al giorno? Un funzionario dell’ufficio nazionale del Commissario straordinario antiracket chiese chiarimenti: troppe quelle denunce per la sola “Associazione antiracket Salento”. Non tornarono i conti quando furono analizzati i dati trasmessi il 20 novembre del 2013: 348 utenti Lecce, 201 Brindisi e 126 Taranto. Il funzionario telefonò al presidente Maria Antonietta Gualtieri per farle presente che sull’intero territorio nazionale le denunce raccolte nello stesso periodo erano state 6.046: come era possibile, allora, che il Salento avesse raggiunto la cifra di 5.945? Cosa stava succedendo lì bel tacco d’Italia? “Nell’imbarazzo del numero”, la frase intercettata nella telefonata con il progettista dell’associazione ed ex funzionario di palazzo Carafa, Giuseppe Naccarelli. 
Il dato da dichiarare sarebbe stato concordato al telefono. Naccarelli: «L’anno scorso hanno fatto così. E quindi visto che il valore atteso per il 2015 sono 6.000, di inserire una via di mezzo e mettere 5.900». Gualtieri: «Facciamo 5.945, è più attendibile».
La tesi degli inquirenti sul mancato raggiungimento della finalità di dare assistenza alle vittime del racket, si basa anche sull’accusa che caratterizza quasi i 30 capi di imputazione dell’ordinanza di misura cautelare che venerdì scorso ha visto finire in carcere la presidente Gualtieri, Naccarelli ed il funzionario comunale Pasquale Gorgoni (domiciliari per la segretaria Serena Politi): truffa aggravata ai danni del Ministero. Con il sistema, fra gli altri, di dichiarare collaborazioni con figure professionali che avrebbero accettato di farsi accreditare il compenso con il bonifico, per poi restituirlo in contanti alla stessa presidente e trattenendo il solo importo per il versamento della ritenuta d’acconto. Accuse che se dovessero trovare conferma dimostrerebbero la volontà di stringere un “patto per l’illegalità”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA