La presunzione di allevare dei piccoli geni incompresi

La presunzione di allevare dei piccoli geni incompresi
di Francesco DI BELLA
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Giovedì 28 Novembre 2019, 13:15 - Ultimo aggiornamento: 13:25
C’era una volta... un tempo in cui se uno studente si comportava male a scuola l’insegnante, il direttore didattico o il preside lo ammonivano: domani torna accompagnato dai tuoi genitori! C’era una volta, tanto tanto tempo fa. Oggi non più. Oggi si è capovolto tutto e se uno studente si comporta male a scuola la prima cosa che insegnanti e dirigenti scolastici si augurano è che né l’indomani né i giorni successivi quel giovane torni accompagnato da alcuno dei suoi familiari.

Con c’era una volta iniziavano le favole, quando i ragazzi ancora le leggevano. E finivano con la morale, che doveva insegnare loro qualcosa di positivo.
Stavolta invece nella morale della favola di positivo non c’è nulla. Perché in essa c’è, al contrario, la conferma della scomparsa delle regole, quelle che dovrebbero governare il vivere civile di ogni comunità, piccola o grande che sia.
Per questo la lettera aperta inviata in queste ore dai dirigenti scolastici salentini alle famiglie dei loro studenti non è solo lo sfogo di una categoria (quella dei lavoratori scolastici) sempre più frustrata e bistrattata. Guai anzi a considerarla come tale. Essa è invece l’ennesimo grido d’allarme contro una realtà ogni giorno più deteriorata, in cui ruoli e competenze sbiadiscono, vengono contestati e privati del loro valore. E non - si badi bene - da chi avrebbe le carte in regola per farlo, bensì da quanti invece dall’alto della loro totale incompetenza ritengono di poter confutare tutto e tutti sulla base di un unico, solo principio che ormai governa l’odierna società: io ho sempre ragione! Quel principio che in maniera romanescamente colorita ribadiva Alberto Sordi nei panni del celebre Marchese del Grillo: io so’ io e voi nun siete...

Solo che quello era un film, peraltro comico. E il Marchese del Grillo era uno, per quanto ricco e potente. Oggi, invece, la società si sta popolando di decine, centinaia di “marchesi del grillo” né ricchi né potenti, ma soltanto presuntuosi.

E dove comincia la società se non nella scuola, lì dove il bambino dovrebbe apprendere non solo a leggere, scrivere e far di conto, ma soprattutto a rapportarsi con gli altri, imparando il giusto equilibrio tra i propri diritti e i propri doveri, a rispettare e anche a farsi rispettare? L’insegnante è la prima autorità con cui lo scolaro si confronta, se si distrugge quella verranno meno le fondamenta sulle quali costruire tutto il resto.

L’allarme lanciato dagli operatori salentini della scuola è proprio questo. Perché la società del web e dei social sta correndo purtroppo proprio verso quel baratro. Un esempio? Se ne trovano a bizzeffe se si è un genitore di un ragazzo o una ragazza in età scolastica e si ha la (s)ventura di essere stati inseriti nell’immancabile gruppo WhatsApp dei genitori della classe del proprio figlio. Prime settimane di scuola, primi compiti in classe e magari, purtroppo, qualche primo voto al di sotto della sufficienza. Al tempo del “c’era una volta” di cui all’inizio, la responsabilità del brutto voto non avrebbe avuto altra paternità che lo studente stesso e una sola conseguenza: doversi impegnare e studiare di più, senza se e senza ma. Adesso invece scattano subito i post via chat delle mamme indispettite: “A mia figlia il voto ha abbassato la media...”. E poi ancora peggio: “La mia afferma che la prof non è valida e che corregge errori inesistenti”, “anche mio figlio è scontento del suo modo di porsi”. E così via, di botta in risposta, fino all’idea brillante: scrivere tutti insieme una lettera alla preside insistendo perché quell’insegnante sia trasferita in un’altra sezione.

Il principio dell’io ho sempre ragione, che in questo caso si estende alla prole diventando “mio figlio non può avere torto”, non contempla la remota possibilità che il brutto voto possa essere meritato e che forse mezz’ora in più (o con maggiore concentrazione) sui libri - quelli scolastici ma non solo - e un po’ meno televisione, playstation e telefonini potrebbero imprimere un diverso andamento al rendimento scolastico. Se qualcosa c’è di sbagliato, sicuramente è nella scuola, negli insegnanti e nei dirigenti se si schierano dalla loro parte. E se “lo dice mia figlia” (quella che per la cronaca ha portato a casa l’insufficienza) che l’insegnante non è valida e preparata, vogliamo non crederle? Ci mancherebbe altro.

E allora ecco uscir fuori i “marchesi del grillo” dell’era di Internet: spostiamo l’insegnante, che vada a “far danno” a qualcun altro, l’importante è che non lo faccia a me/mio figlio. Perché, ricordatelo sempre: io so’ io e voi...

D’altro canto questa è l’unica regola importante che i nostri figli devono imparare. E se l’avranno assimilata bene e sapranno farla valere, poco importa che a scuola non apprendano altro. Seguendo l’esempio dei loro genitori potranno confrontarsi con chiunque, con i migliori luminari della Medicina a proposito di cure e vaccini, con gli astrofisici sulla possibilità di vita nello spazio, con gli scienziati sull’esistenza o meno della Xylella e con la memoria dei padri costituenti sull’effettivo valore delle regole sociali. E con l’allenatore della squadra di calcio dell’oratorio di quartiere, che se decide di togliere dal campo mio figlio solo perché continua a segnare gol nella porta della propria formazione se la dovrà vedere con me. Lui e magari anche la sua auto che so bene dove l’ha parcheggiata.

E in ognuno di questi confronti avranno sempre ragione, quale che sia la loro competenza o il titolo di studio che saranno riusciti ad accaparrarsi. Perché noi siamo noi e tutti gli altri (se non mi danno almeno un like)... 
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