La compagna di corso, la liceale: due delusioni d'amore dietro la follia omicida. Il racconto choc

La compagna di corso, la liceale: due delusioni d'amore dietro la follia omicida. Il racconto choc
di Valeria BLANCO
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Giovedì 8 Ottobre 2020, 22:31 - Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 13:34

La solitudine e la rabbia. Ritornano sempre, questi due sentimenti, nelle parole di Antonio De Marco, quando risponde alle domande del gip Michele Toriello durante l'interrogatorio di convalida dell'arresto per l'omicidio dell'arbitro Daniele De Santis e della compagna Eleonora Manta. Antonio, che ha confessato l'omicidio subito dopo essere stato arrestato dai carabinieri, si sentiva solo. E questo gli causava improvvise crisi di pianto, rabbia. Persino la voglia di farsi del male, come in effetti è accaduto in almeno un'occasione. La sera non usciva, forse non aveva nessuno con cui andare a bere qualcosa, o semplicemente fare una passeggiata. Magari per parlare, per sfogarsi e non pensarci più. Nonostante tutto dice Antonio al gip mi sentivo come vuoto, solo. E questo mi dava tristezza e rabbia. Una ragazza? Mai avuta. E nelle due occasioni in cui aveva provato un interesse per qualche amica o conoscente, gli era andata male.
Due porte chiuse in faccia. Si concentrano molto, sia il giudice che il pubblico ministero, su questo punto. Quello dell'affetto di una compagna che forse avrebbe potuto mitigare la tristezza di Antonio, guarirgli quella rabbia che si portava dentro, fare da deterrente. L'ultima delusione risale a circa due mesi prima del duplice omicidio. Antonio provava interesse per una compagna di corso alla scuola per infermieri, che frequentava con profitto. Ci aveva sperato, di poter iniziare una relazione con lei, forse di poter dare così una svolta a quella vita in cui si sentiva a disagio. Ma non era andata bene, come racconta lui stesso: Mi ha detto che dovevamo restare amici. Nello stesso periodo, il disagio di Antonio si acuisce. Arriva forse addirittura il pensiero di farla finita: C'erano dei momenti in cui desideravo farmi del male, non so esattamente il motivo. Ed è qui che si colloca un gesto di autolesionismo: si era tagliato una caviglia destra con un coltello rovente. Poi, all'improvviso, arriva la voglia di fare del male agli altri, quasi come una sorta di vendetta. Volevo fare un gesto eclatante, fare dolore agli altri. Quegli altri diventano Daniele ed Eleonora in quella maledetta notte del 21 settembre: una coppia felice e certamente innamorata. Entrambi lanciati nelle loro carriere, belli, pieni di amici che li amavano. Tutte cose che, forse, Antonio non vedeva in se stesso e nella sua vita in cui c'era solo la scuola per infermieri, qualche film, i fumetti, i video su Youtube e poco più. E perché proprio loro? Non sembrano esserci motivi apparenti: nessuno screzio. Non lo so, forse perché loro erano felici, mi sembravano felici. Una spiegazione che non soddisfa, non spiega la premeditazione né la brutalità. Mentre ancora abitava in quella casa di via Montello, prima di lasciarla a metà agosto, già ad Antonio balena in mente l'idea di farli fuori. Fa un duplicato delle chiavi prima di consegnarle e cambiare casa.
Il pm ritorna sulla solitudine, sull'assenza di una figura femminile nella vita di questo ragazzo che sembrava semplicemente taciturno e solitario, e che invece covava dentro una cieca rabbia omicida. Le ragazze mi piacevano spiega Antonio - però non ho mai avuto queste occasioni. Mai avuto un'amica, mai incontrato l'anima gemella. Mai una fidanzata, dunque. E forse questo lo faceva sentire inadeguato. Solo delusioni, per lui. Una due mesi prima dell'omicidio, quel restiamo amici incassato dalla compagna di corso; l'altra forse un anno prima, quando si era invaghito di una ragazza di Casarano che frequentava il liceo Scientifico di qualche anno più piccola. Anche in questo caso gli va male: Mi sono dichiarato, le ho detto che mi piaceva. Ma va male. Forse ne aveva un altro, stava pensando ad un altro. Ci rimane male, Antonio. E ci rimane male anche due mesi prima del duplice omicidio. La solitudine, la rabbia. É qui che si concentrano le attenzioni di giudici e magistrati, alla ricerca di un movente che sia un po' più di quel vago Quel giorno ero arrabbiato. A volte riuscivo a fermare quei pensieri, quel giorno no.
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