L'uomo agli inquirenti: «Marianna si è uccisa, non sono stato io»

L'uomo agli inquirenti: «Marianna si è uccisa, non sono stato io»
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Giovedì 30 Maggio 2019, 11:11 - Ultimo aggiornamento: 11:34
Ha avuto la possibilità di spiegarsi, di esporre la sua versione dei fatti, di ribadire ancora una volta la sua estraneità nel caso della morte della moglie.
Emanuele Montinaro, 43enne di Campi Salentina, è stato ascoltato a lungo martedì dal sostituto procuratore Stefania Mininni.

Un interrogatorio che si è svolto in un clima sereno, alla presenza del suo legale, l'avvocato Antonio De Mauro, e sul quale com'è ovvio c'è il più stretto riserbo.
Quello che è noto, al momento, è che Montinaro avrebbe risposto alle domande del pm. Così come aveva fatto già tre anni fa, quando fu ugualmente sentito dagli inquirenti in merito alla morte della moglie. E rispetto ad allora la sua ricostruzione non è cambiata: Marianna è morta suicida, e la vicenda è stata esaminata in maniera approfondita, tanto da escludere, all'epoca, qualunque coinvolgimento di altre persone.

Nel momento in cui è stato sentito, l'accusa nei suoi confronti era ancora quella di istigazione al suicidio; solo ieri il magistrato ha modificato l'ipotesi di reato e ne ha data comunicazione all'indagato e alle parti offese. «Una decisione che non è stata presa in relazione a quanto detto da Montinaro nel corso dell'interrogatorio», si limita a dire l'avvocato De Mauro, consapevole di avere a che fare con un caso quantomai delicato.

Ora si indaga per omicidio: un «atto dovuto», come scrive lo stesso pm, per permettere al marito della vittima di prendere parte all'autopsia attraverso un consulente di parte, che ora avrà la facoltà di nominare.
Insomma, un passaggio che rappresenta una garanzia per l'indagato, sebbene a prima vista possa sembrare un aggravamento della sua posizione.

Solo in questo modo potrà avvalersi di tutti quei diritti che la legge riserva in questi casi. Oltre alla nomina di un difensore (già individuato quando il reato contestato era quello di istigazione al suicidio, in realtà), anche quella di un consulente tecnico.
Certo è che le memorie difensive depositate dalla famiglia della vittima puntano chiaramente il dito contro il 43enne.

Sarebbe lui, secondo i familiari, il responsabile della morte della moglie. E portano, a sostegno di questa ipotesi, precise contestazioni sugli esiti degli esami medico-legali fatti all'epoca. Contestazioni alle quali, per la verità, lo stesso dottore Roberto Vaglio - originariamente incaricato di effettuare gli esami - ha poi controreplicato punto su punto, difendendo le sue conclusioni dell'epoca, che lo avevano portato a propendere per il suicidio.
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