Uova pasquali “vietate” negli ospedali
Le associazioni: «Servono a grandi progetti»

Uova pasquali “vietate” negli ospedali Le associazioni: «Servono a grandi progetti»
di Maddalena MONGIO'
3 Minuti di Lettura
Sabato 19 Marzo 2016, 20:21 - Ultimo aggiornamento: 20:28
No alla vendita di uova pasquali all’interno degli ospedali salentini. L’imperativo, anche quest’anno, è arrivato dalla direzione generale della Asl di Lecce ai direttori degli ospedali per impedire che le associazioni di volontariato vendano le uova di Pasqua, in questo caso, nelle strutture ospedaliere. Un modo quello della vendita di uova pasquali o panettoni che le associazioni utilizzano per raccogliere fondi da destinare alla beneficienza. Risultato? Le associazioni di volontariato insorgono e rivendicano il loro grande impegno a supporto dei reparti e dei pazienti. «La carità – puntualizza don Gianni Mattia, cappellano del Fazzi e presidente dell’associazione “Cuore mani aperte verso chi soffre” – la possiamo fare se ci supportano i cittadini, visto che le nostre attività non hanno scopo di lucro. Anche quest’anno è stato ribadito il divieto della vendita di uova pasquali perché vengono intralciate le attività, ma non abbiamo capito in che modo visto che non vendiamo in corsia». E don Gianni elenca alcune delle cose che la sua associazione ha messo in essere: «Siamo di supporto all’ospedale: ho creato una struttura la “Casa di accoglienza” per i parenti dei ricoverati che abitano lontano da Lecce, abbiamo la Bimbulanza, abbiamo regalato un ecografo alla Chirurgia pediatrica di Casarano, l’isola neonatale, una stanza pediatrica in Neurochirurgia. Sorprende il fatto che ci siano molte cose che arrivano dall’esterno e nessuno le vieta o le impedisce, ma c’è molta attenzione a frenare la nostra raccolta fondi».
«Il divieto della vendita a scopo di beneficenza imposto dalla Asl di Lecce – spiega Cristina Petrelli, presidente di “Ail-Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma” – è un caso unico in Italia. L’assurdo è che questa disposizione non ha effetti su chi vende abusivamente negli ospedali e continua tranquillamente a farlo, ma danneggia solo le associazioni che si impegnano ogni giorno per i reparti. Noi abbiamo chiesto sin da gennaio un incontro con il direttore generale per un confronto sulle forme di collaborazione, ma non abbiamo ricevuto nessuna risposta e anche il diniego alla vendita di beneficenza è arrivato indirettamente attraverso la comunicazione fatta ai direttori degli ospedali».
Antonio Giammarruto, presidente dell’associazione “Per un sorriso in più”, non ha dubbi: «Se c’è un divieto deve valere per tutti, ma non reputo che sia una regola giusta perché non importuniamo nessuno e non facciamo pressioni per l’acquisto. C’è una forte contraddizione: le associazioni si impegnano, ma la Asl pare non curarsene».
E pollice verso, nei confronti della direzione generale della Asl, anche da Silvio Laterza presidente “Associazione salentina Angela Serra”: «Questa forma di raccolta fondi è importante. Noi rispettiamo le regole imposte dalla Asl, ma ci sembra esagerato che la direzione generale impedisca una raccolta fondi che è destinata ai reparti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA