L'Efsa: non c'è cura per la xylella. Il batterio mette a rischio tutta l'Ue

L'Efsa: non c'è cura per la xylella. Il batterio mette a rischio tutta l'Ue
di Maria Claudia MINERVA
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Giovedì 16 Maggio 2019, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 08:16

«Non esiste ancora una cura in grado di eliminare la xylella fastidiosa che minaccia non solo i Paesi mediterranei ma la maggior parte del territorio Ue». Sono le allarmanti conclusioni di due pareri con cui l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha aggiornato la propria valutazione che risale al 2015 - dei rischi da xylella per piante e colture dell'Unione Europea.

Pareri attesi da tempo e pubblicati ieri sulla fitopatia che in sei anni ha messo in ginocchio l'olivicoltura del Salento estendendosi poi fino al nord della Puglia (sebbene nei giorni scorsi è stata smentita l'infezione sull'ulivo di Monopoli), nei quali si confermano, tra l'altro, le opinioni che «alcuni trattamenti sperimentati in questi anni possono ridurre i sintomi, ma non eliminano il batterio» e che, quindi, «l'applicazione tempestiva delle misure di controllo Ue (taglio delle piante infette e di quelle suscettibili di infezione nel raggio di cento metri) resta l'unico modo per fermarlo». La nuova valutazione fornisce anche spunti e conclusioni attuali per il controllo dei focolai infettivi dell'organismo nocivo e per la prevenzione di una sua ulteriore diffusione in Europa.

Gli esperti scientifici sulla salute dei vegetali (gruppo Plh) si sono avvalsi di tecniche di modellazione computerizzata per simulare come il batterio si diffonda su brevi e lunghe distanze in diverse condizioni. «La modellazione ha evidenziato l'importanza di mettere in atto misure di controllo, come quelle specificate dalla Commissione europea, per evitarne ulteriormente la diffusione e anche per eradicare i focolai già in atto» si legge nel parere che ha, poi, messo in luce come «l'attuazione di zone cuscinetto di dimensioni diverse per controllare un'area infetta abbia un'efficacia relativa».

Infatti, le simulazioni condotte dal panel Efsa suggeriscono che l'eradicazione potrebbe essere ottenuta anche con un raggio inferiore ai cento metri, ma solo in caso di diagnosi precoce della malattia, controllo degli insetti vettori molto efficiente per adulti e larve, rimozione immediata delle piante. Al contrario, «se il vettore è scarsamente controllato, anche nel caso del raggio di taglio attuale, l'eradicazione potrebbe fallire. Ridurre le zone tampone, quelle che separano l'area infetta dall'area indenne aumenta drasticamente la probabilità di espansione dell'epidemia».

La valutazione degli esperti conferma, quindi, che «non esiste ancora un modo conosciuto per eliminare il batterio da una pianta malata in reali condizioni di campo. In esperimenti recenti è stata valutata l'efficacia di misure di controllo chimico e biologico (come il ruolo degli ioni di zinco nella crescita e nella formazione del biofilm di xylella fastidiosa sub specie fastidiosa nelle piante di tabacco, valutato negli studi del 2015 condotti da Navarrete e De La Fuente, e l'utilizzo del prodotto spray Dentamet usato nella ricerca Scortichini) e i risultati mostrano che esse possono ridurre temporaneamente la gravità della malattia in alcune situazioni, ma non vi sono prove che possano eliminare la xylella in condizioni di campo per lungo periodo». Il parere dell'Efsa contiene un'importante sezione sulle variazioni nella fase asintomatica - cioè il periodo che intercorre tra l'infezione e la manifestazione dei sintomi - nelle piante che possono fungere da ospiti di xylella.

Una revisione della letteratura scientifica e l'analisi dei dati hanno rivelato differenze significative nel periodo asintomatico per diverse combinazioni di ospite e sottospecie. Informazioni che saranno di ausilio per l'elaborazione di programmi di sorveglianza su misura e per aiutare i gestori del rischio a decidere quando è sicuro porre fine alla delimitazione di un'area epidemica. «Si è trattato di una sfida scientifica complessa con parecchie aree di incertezza, ma siamo pervenuti ad alcune conclusioni importanti che aiuteranno i gestori del rischio, i valutatori del rischio e i ricercatori - ha dichiarato Stephen Parnell, presidente del gruppo di lavoro su xylella fastidiosa, che  fa capo al gruppo Plh -. Le simulazioni al computer sono al centro di questo parere scientifico. I modelli che abbiamo sviluppato sono solidi e soprattutto flessibili, in modo da poter essere adattati all'indagine su un'ampia varietà di scenari diversi ed essere di ausilio alla pianificazione in caso di emergenza».

Parnell ha anche aggiunto: «Dopo il nostro ultimo parere, pubblicato nel 2015, si è resa disponibile una grossa mole di nuove informazioni, in gran parte emerse tramite progetti finanziati dall'Ue come POnTE e XF-Actors. Grazie a tali iniziative le nostre conoscenze in merito a questo pericoloso organismo nocivo alle piante stanno continuamente avanzando, ma permane molta incertezza, in particolare a livello di sottospecie e tipo di sequenza. È fondamentale continuare a investire in ricerche che possano aiutarci non solo a controllare i focolai epidemici, ma a prevederli».

Le simulazioni al computer hanno, infine, evidenziato che, sebbene la maggior parte del territorio dell' Unione Europea presenti tipologie climatiche simili a quelle in cui notoriamente il patogeno si presenta in altre parti del mondo, le aree maggiormente a rischio sono quelle nell'Europa meridionale.

Finora sono stati registrati focolai in Spagna, Corsica, Francia, Portogallo e Germania.

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