L'antimafia e il Salento: «I vecchi boss fanno da pacieri, le nuove leve copiano la ferocia delle serie tv». Gli affari con gaming e droga

L'antimafia e il Salento: «I vecchi boss fanno da pacieri, le nuove leve copiano la ferocia delle serie tv». Gli affari con gaming e droga
di Erasmo MARINAZZO
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Domenica 31 Gennaio 2021, 12:07 - Ultimo aggiornamento: 12:13

Il vecchio che persiste ed il nuovo che avanza caratterizzano l’attuale evoluzione dei clan della Sacra corona unita a Lecce e nel Salento. L’analisi è del capo della Direzione distrettuale antimafia (Dda), il procuratore Leonardo Leone de Castris, sullo stato della criminalità organizzata. Droga e gaming, gli affari più redditizi dei clan. Ed un inarrestabile e strisciante avvicinamento agli amministratori pubblici che avrebbe comportato lo scioglimento delle amministrazioni comunali di Carmiano e Scorrano (cui nei giorni scorsi si è aggiunto il commissariamento di Squinzano). Un occhio di riguardo anche ai cosiddetti colletti bianchi: nella relazione consegnata al procuratore generale Antonio Maruccia vengono indicati anche i risultati raggiunti dai magistrati del pool che si occupa dei reati contro l’amministrazione pubblica.

Sul fronte della criminalità organizzata è stato peraltro fatto presente che contrariamente agli allarmi che si sono ripetuti negli ultimi tempi, non sono stati rilevati tentativi di infiltrazione nel tessuto economico salentino da parte delle tre mafie tradizionali: Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. Persistono i rapporti con la Sacra corona unita, limitati però alle forniture di droghe.

Sul fronte della Scu le ultime inchieste sulla Sacra corona unita hanno messo in evidenza due tendenze. In contrasto fra di loro: se da un lato gli anni trascorsi in carcere dalle vecchie leve è stato di insegnamento su quanto siano state controproducenti le guerre fra clan e bande, perché hanno avuto l’effetto di calamitare tutta la potenza inquirente dell’autorità giudiziaria, dall’altro gli emergenti hanno la propensione ad emulare metodi e modelli delle serie televisive sulle organizzazioni criminali imperanti in Italia. Prevaricazione, violenza, eliminazione fisica della controparte.

Ciò spiegherebbe perché si continua ad assistere a intromissioni traumatiche della criminalità nella vita della comunità salentina.

Come l’agguato di giovedì sera a Lecce al 48enne Massimo Cazzella, raggiunto da una sventagliata di proiettili mentre era fermo al volante della sua auto. Intanto è stata constatata anche una tendenza dei clan a cercare e trovare accordi con la politica e con l’imprenditoria. Senza colpo ferire. Se ne parla nell’inchiesta Final Blow della Dda e della Squadra mobile nella parte in cui ha messo in luce l’impegno di Antonio “Totti” Pepe ad appianare i contrasti fra le diverse fazioni allo scopo di fare procedere senza intoppi gli accordi per portare a termini gli affari illeciti. Spaccio e traffico di droga in primis.

Segnale di un persistente metodo ereditato dalle stragi di mafia degli anni 90 e dei primi anni del 2000 e - come sottolinea il procuratore de Castris - dalle serie televisive, il tentato omicidio di Antonio Afendi del 25 ottobre di due anni fa a Casarano. Afendi amico di Augustino Potenza ammazzato a colpi di kalashnikov il 26 ottobre del 2016 ed amico anche di Luigi Spennato, scampato miracolosamente alla morte un mese dopo. Imputato dei due tentati omicidi l’emergente Giuseppe Moscara, 25 anni, del posto.

La droga il motivo scatenante dei contrasti ancora in atto fra i gruppi criminali. Il movente dell’omicidio di Francesco Fasano del 25 luglio del 2018 che ha visto di recente la Corte d’Assise infliggere due ergastoli. Il core business dei clan del capoluogo facenti riferimento ai boss Pasquale Briganti e Cristian Pepe, di Monteroni storicamente legata ai fratelli Tornese mentre a Squinzano il referente viene indicato in Luigi Vergine.
La droga alimentata da una domanda in continua espansione che arricchisce le organizzazioni criminali e le spinge ad investire i proventi in attività lecite. Ed il gaming, con l’inchiesta sui fratelli Marra di Galatina e l’altra sui fratelli Salvatore, Pietro e Saverio De Lorenzis di Racale. La “zona griga”. L’imprenditoria a braccetto - questa la lettura della Procura - con la criminalità.

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