Accusati dello stupro di una 16enne, che poi si uccise: due ragazzi chiedono la messa alla prova

Il Tribunale per i minorenni
Il Tribunale per i minorenni
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Giovedì 22 Ottobre 2020, 17:37 - Ultimo aggiornamento: 18:03

Hanno chiesto la messa alla prova i due ragazzi che oggi hanno 20 e 21 anni  accusati di violenza sessuale di gruppo aggravata e pedopornografia nei confronti di una ragazza che all’epoca aveva 16 anni e che si tolse la vita dopo la diffusione del video di quella violenza. L'istanza è stata sottoposta oggi al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Lecce, Aristodemo Ingusci  (i due imputati avevano all’epoca meno di diciotto anni), che deciderà tenendo conto anche della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero Imerio Tramis.

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I due imputati sono il fidanzato della vittima e un suo amico. La ragazza, figlia di due professionisti leccesi, all’epoca stava vivendo un periodo particolarmente travagliato. Caduta in depressione, fu accolta in diverse comunità prima di essere ospitata in quella che diventerà la struttura in cui troverà la morte.

Era ad Andria: qui la giovane arrivò nel giugno dello scorso anno.

Stando a quanto emerso nel corso delle indagini successive a quella morte, la 16enne utilizzò una cintura, che non le era stata sottratta dai responsabili della struttura, per impiccarsi all’interno della sua stanza. Cosa ancor più grave, il tutto avvenne sotto l’occhio elettronico di una telecamera di videosorveglianza, che avrebbe dovuto rappresentare un’ulteriore garanzia a protezione della giovane e che invece si rivelò inutile.  Per questo è aperta un’inchiesta presso la Procura di Trani, per capire se vi siano responsabilità da parte dei gestori della struttura di accoglienza.

Parallelamente, anche a Lecce è stato aperto un fascicolo d’indagine, su input del legale della famiglia, l’avvocato Massimo Bellini. È emerso infatti che proprio in quel periodo la ragazza fosse stata ripresa, da ubriaca, nel corso di un rapporto a tre con il fidanzato e un suo amico. E a quanto pare quel video fece poi il giro dei telefonini, finendo per aggravare le già precarie condizioni psicologiche dell’adolescente. L’inchiesta aperta dal pubblico ministerro della Procura per i minorenni,  Tramis, è bene ricordarlo, non stabilisce un nesso tra la diffusione del video e la morte: si tratta di due episodi distinti, che tuttavia restituiscono un quadro inequivocabile delle condizioni in cui versava la vittima.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giuseppe Milli e Stefano De Francesco.

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