Troppi morti in moto, guardrail sotto accusa: «Sono ghigliottine»

Troppi morti in moto, guardrail sotto accusa: «Sono ghigliottine»
di Valeria BLANCO
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Agosto 2020, 09:00 - Ultimo aggiornamento: 27 Agosto, 16:18

«Se ci fosse stato un New Jersey in cemento al posto del guardrail in acciaio, forse Paolo sarebbe morto lo stesso, forse si sarebbe lussato solo una clavicola, ma il suo corpo non sarebbe stato dilaniato dalle lamiere». All'indomani del tragico incidente che è costato la vita a Paolo De Nuzzo, 25enne di Taurisano, sotto accusa finiscono, ancora una volta, i guardrail, da sempre la bestia nera dei motociclisti italiani e non solo. Le loro lame sottili si trasformano in una ghigliottina e, se l'impatto avviene in velocità, si trasformano in veri e propri tritacarne che non lasciano scampo.

Proprio come accaduto lunedì attorno a mezzogiorno lungo la Statale che collega Lecce a Gallipoli, all'altezza dello svincolo per Galatone: Paolo ha perso il controllo della sua Kawasaki Ninja ed è scivolato impattando contro il guardrail. Sull'asfalto è rimasto il segno di una frenata, ma non è bastata ad evitare che la moto, ormai piegata, scivolasse lungo il guardrail e che il corpo del 25enne impattasse contro le lamiere. La scena che si sono trovati davanti i primi automobilisti e poi anche i soccorritori è stata da film dell'orrore: il corpo dilaniato sull'asfalto, ormai senza vita.

La strada, di per sé, non c'entra nulla. Lo conferma il presidente dell'Aci, Angelo Sticchi Damiani, che quella statale - la 101, Salentina di Gallipoli - la conosce bene. «Si tratta di un rettilineo - conferma - in buone condizioni. Il problema vero è il guardrail che, intendiamoci, è a norma, ma ugualmente un pericolo terribile per i motociclisti. Una trappola mortale: la moto si piega, si infila tra i montanti, molto taglienti perché fatti di una lamina sottile di metallo. Il corpo che vi impatta viene tagliato, non c'è mai scampo».
L'unico modo per ridurre la pericolosità delle strade sarebbe quello di realizzare degli interventi per renderle a misura di motociclista. «L'unico modo per ridurre il rischio - prosegue Sticchi Damiani - è quello di aggiungere nella parte bassa, come nei circuiti, una fascia di sicurezza che vada a colmare quello spazio tra l'acciaio e l'asfalto ed evita che un arto, una gamba o addirittura la testa si infilino tra i montanti, i piedi della barriera, finendo per essere tranciati». È questa l'unica, pressante richiesta che arriva da parte dei motociclisti di tutta Europa.

In Italia la legge che impone l'uso di questo tipo di barriere di sicurezza è stata approvata nel maggio del 2019, ma secondo quanto previsto dal decreto attuativo, sono davvero pochi i tratti in cui l'installazione di questo tipo di guardrail diventa un obbligo. «E allora - propone Sticchi Damiani - si dovrebbe fare un po' più del minimo prescritto dalla norma». Certo, il guardrail non è l'unica causa degli incidenti, spesso c'è anche la velocità. Da qui, l'appello del presidente Aci alla prudenza: «Le moto oggi - spiega - sono mezzi velocissimi, sfrecciano a velocità impossibili. Ai ragazzi dico che se vogliono sfogare la voglia di corsa possono andare nei circuiti, dove possono divertirsi in sicurezza. Ma su strada non bisogna mai esagerare».

Sulla velocità come causa di morte dissente il presidente dell'Associazione motociclisti Incolumi: «Contro l'ostacolo fisso - spiega Marco Guidarini, che è anche un medico traumatologo - si muore anche se si procede a 40 chilometri all'ora. Contro il paletto del guardrail, per intendersi, muore anche lo scooterista e persino il ciclista». L'associazione porta avanti da anni una battaglia per la regolamentazione del guardrail. «Oggi la legge c'è - prosegue - ma spesso in Italia la burocrazia può demotivare. Invece la battaglia dei motociclisti è quella di far acquisire ai tecnici che progettano le strade una cultura dell'ergonomia, prendendo esempio dagli autodromi dove si cade a 300 all'ora, ma non si muore. Ed ecco: non è la velocità che uccide, ma l'impatto contro l'ostacolo fisso. Se ai margini della carreggiata, ad esempio, c'è un campo di grano, va lasciato così. Aggiungere il guardrail significa aggiungere un pericolo mortale per chi viaggia sulle due ruote».

La richiesta è quindi alle amministrazioni, affinché siano più attenti alle esigenze degli utenti deboli della strada: «In Spagna e in Francia sono partiti dopo di noi - spiega - e dopo una campagna contro il guardrail ghigliottina, ora le strade messe in sicurezza sono tante».

E in Puglia? «Sono stati fatti tanti convegni, ma poco di concreto. La protezione serve, soprattutto lungo le curve pericolose: nelle Marche c'è una strada bellissima che collega Perugia a Fano, amata dai motociclisti e piena di curve. Da quando ha i nuovi guardrail, cioè dal 2007, lì non è più morto nessuno. Ecco cosa si dovrebbe fare per salvare la vita a questi ragazzi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA