Inchiesta rifiuti: "Così pagavamo le tangenti ai politici". Sulle tracce dei conti bancari

Inchiesta rifiuti: "Così pagavamo le tangenti ai politici". Sulle tracce dei conti bancari
di Erasmo Marinazzo
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Sabato 21 Novembre 2015, 13:10 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 17:35

I carabinieri sulle tracce della tangente da un milione di euro che ha fatto finire sott’inchiesta Silvano Macculi, ex presidente dell’Ato Lecce 2. Tre estratti conti ed altrettanti fogli del giornale contabile della sua impresa Geotec sono stati depositati dall’imprenditore Gianluigi Rosafio a riscontro delle lungo e dettagliato racconto sulle varie e tortuose strade che avrebbe seguito il denaro per arrivare al presidente dell’Ato Lecce 2. Quella tangente per la quale è stata ravvisata l’ipotesi di reato di concussione a carico di Macculi, a conclusione delle indagini del procuratore aggiunto Antonio De Donno, del sostituto Alessio Coccioli e dei carabinieri del Nucleo investigativo. Quella tangente, cioè, che sarebbe stata imposta alle imprese che parteciparono all’assegnazione degli appalti dell’Aro 4 da 27 milioni e 270 euro e dell’Aro 6 per 60 milioni 756mila euro a marzo del 2008.

Quattro persone sono state sentite negli uffici dei carabinieri per verificare le ricostruzioni di Rosafio.

Una di queste è indicata come quella che l’avrebbe accompagnato a Triggiano per consegnare una somma di denaro all’impresa Lombardi, secondo quello schema indicato da Rosafio: dazioni dirette no, ma attraverso una delle imprese che formò la Ati vincitrice di una delle gare d’appalto. Questo testimone ha concluso il verbale di sommarie informazioni con una espressione emblematica: “...ciò che vi ho raccontato lo ricordo come un fatto insolito. E aggiungo che prima di allora non avevo mai visto tanti soldi in contanti tutti insieme”.

Agli atti dell’inchiesta anche una lettera inviata dalla società Geotec alla Lombardi in cui sarebbero stati ricapitolati tutti i versamenti destinati a formare la somma da destinare al presidente dell’Ato Lecce 2. Una sorta di punto della situazione, quella missiva del 2011, nel momento in cui la prefettura mise alla porta la Geotec per il pericolo di infiltrazioni mafiose, ravvisato per la parentela di Rosafio con l’ergastolano della Scu Giuseppe Scarlino (sul punto pende anche un processo penale in Corte d’Appello, dopo il rinvio della Cassazione, e riguarda la condanna a quattro anni e mezzo di reclusione con l’accusa di aver creato un monopolio nella raccolta dei reflui nel Basso Salento). Una questione di primaria importanza, quest’ultima, secondo l’ex presidente Macculi: «Le accuse sono solo una vendetta dell’imprenditore già colpito da interdittive antimafia».

Per quanto riguarda i riscontri bancari, Rosafio ha sostenuto che si tratti della sponsorizzazione della squadra di calcio del Taurisano, versata dall’azienda dove acquista i mezzi pesanti per le sue imprese. La somma ammonterebbe a 290mila euro e sia i prelievi in contanti che i pagamenti in assegni dimostrerebbero l’utilizzo per fini diversi da quelli sportivi. Altri 180mila euro sarebbero transitati sul conto corrente della Geotec e furono giustificati con lavori effettuati a San Severo ma che non avevano nulla a che fare con l’appalto dell’Aro 6. I primi 560mila euro sarebbe stati messi insieme con queste partecipazioni, secondo la ricostruzione del principale accusatore: 135mila euro dell’azienda da cui comprava i mezzi ma in parte anche suoi perché aveva preso l’usato della Geotec con una sopravalutazione degli stessi; 200mila euro dallo stesso Rosafio attraverso operazioni bancarie; 30mila euro versati dalla Supernova ed altri 50mila euro ancora da Rosafio con la vendita dei restanti mezzi da lavoro.

Tutte ipotesi accusatorie che dovranno passare dal processo. Perché l’inchiesta è stata chiusa solo nei giorni scorsi. E contesta la concussione a Silvano Macculi, Fernando ed Anna Maria Bonocuore, Giovanni Biasco e Riccardo Bandello, l’estorsione a Valerio Contaldo e Giorgio Rausa, il falso a Fernando Bonocuore (responsabile delle gare d’appalto Aro 4 e 6, nonchè dirigente del Settore Ambiennte del Comune di Lecce), Bandello, Emanuele Borgia e Luana Greco. A difenderli, fra gli altri, gli avvocati Salvatore Corrado, Viviana Labbruzzo, Riccardo Giannuzzi e Raffaele Distante.

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