Incendio agli Alimini di Otranto, tutto come un anno fa

Un'immagine dell'incendio dell'anno scorso ad Otranto
Un'immagine dell'incendio dell'anno scorso ad Otranto
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Domenica 3 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 23:30

È passato quasi un anno da quando una parte della pineta di Alimini di Otranto è andata a fuoco. E intanto nessun intervento è stato fatto e gli alberi secchi e crollati con l’imminente ritorno del caldo potrebbero alimentare un nuovo incendio in uno dei luoghi più suggestivi del Salento
In piena estate, lo scorso anno, la strada litoranea Otranto-Alimini fu bloccata, i lidi ed i villaggi turistici evacuati, ci vollero giorni e giorni anche solo per ripristinare la viabilità . Ora, dopo i progetti di risanamento e monitoraggio, nulla è stato ancora concretamente fatto. Grandi cartelli indicano il divieto di accesso alla pineta, gli alberi ancora anneriti stentano a riprendersi, quelli pericolosamente in bilico crollano uno dopo l’altro.

Il sindaco: «Risanamento bloccato»

Passata l’emergenza dell’incendio i danni restano, ancora non si sono chiarite le cause perché si cerca di comprendere se sia stato di origine dolosa e di individuare gli eventuali responsabili. «Avremmo voluto ripartire subito» -spiega il sindaco di Otranto, Pierpaolo Cariddi- «abbiamo proposto un programma di monitoraggio e risanamento del bosco insieme ad Arif. Tuttavia, il divieto di intervento per cinque anni sulle zone boschive incendiate e le lungaggini per ottenere i permesse ci fanno restare ancora in attesa».

Le tappe

Ripercorrendo le tappe di questa tragedia per la caratteristica pineta che corre lungo la costa, occorre ricordare l’impresa compiuta dai vigili del fuoco, Arif e Protezione civile: il rischio che l’intera pineta finisse in cenere fu sventato con oltre 300 lanci dai Canadair e Fire Boss. Un incendio che poteva facilmente espandersi nell’area abbandonata e totalmente ricoperta di macchia mediterranea dell’ex Country Club e da qui giungere ai villaggi turistici che in piena estate, ospitavano migliaia di ospiti. Oltre venti ettari di macchia mediterranea andarono in fumo, centinaia di pini sono rimasti, ancora oggi, a rischio crollo perché le loro radici sono state indebolite dal fuoco, il percorso benessere all’interno del bosco è andato totalmente distrutto.

Un danno enorme che poteva avere conseguenze catastrofiche.

L'emergenza

Nonostante subito dopo l’incendio fu allestito un piano di risanamento e ripiantumazione, prevedendo la collaborazione tra il Comune di Otranto e l’Arif, tutto è rimasto come nei primi sette giorni dall’evento. Allora ci si limitò ad abbattere gli alberi più danneggiati dal fuoco e che, per questo motivo, rischiavano di crollare sulla litoranea Otranto Alimini. Furono aperte le vie tagliafuoco per consentire ai camion con gli idranti di penetrare nella pineta. E poi più nulla. 

Cinque anni di fermo

Del resto, l’ostacolo più grande riguardo qualsiasi intervento è contenuto nella “Legge-quadro in materia di incendi boschivi”. La stessa, infatti, recita che: “Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell’Ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente”.
Insomma, se non arriva l’ok dalla Regione e dal Ministero dell’Ambiente, nell’area Sic di Alimini non possono essere fatti interventi di alcun tipo. Ora, tra pandemia e relative emergenze, tale permesso non è giunto, per cui si rischia diarrivare in piena estate con una enorme quantità di alberi secchi, crollati per terra, che, in caso di un nuovo incendio, potrebbero diventare combustibile.
Insomma, dopo l’eroico salvataggio della enorme pineta di Alimini, la prossima estate, senza le autorizzazioni per un intervento, anche minimo, di messa in sicurezza, le tonnellate di materiale secco, di alberi distrutti dall’incendio che giacciono tra la macchia mediterranea ricresciuta, renderanno inaccessibile la pineta. Anche ai turisti. 
E costituiranno un potenziale combustibile, se intanto da Roma non dovesse arrivare una deroga alla legge che blocca gli interventi di messi in sicurezza e di ripristino dell’area distrutta dal rogo.

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