Raccolta di pomodori ed angurie, imprenditori assolti dall'accusa di riduzione in schiavitù

Raccolta di pomodori ed angurie, imprenditori assolti dall'accusa di riduzione in schiavitù
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Lunedì 8 Aprile 2019, 17:44 - Ultimo aggiornamento: 9 Aprile, 08:22
Annullata in appello la prima sentenza in Italia che riconobbe a luglio di due anni fa il reato di “riduzione in schiavitù” dei lavoratori. I giudici della Corte d'Assise d'Appello di Lecce (presidente Maurzio Scardia) ha assolto undici dei tredici imputati, fra imprenditori e caporali" condannati in primo grado a pene dai 7 agli 11 anni, con l'accusa di avere sfruttato i raccoglietori di angurie e pomodori impiegati nelle campagne di Nardò fra il 2008 ed il 2011, senza dare loro la possibilità di avere un'alternativa lavorativa e la libertà di scegliersi un'altra vita. Accolta la tesi del collegio difensivo, basata sul presupposto che il reato di schiavitù non fosse ancora entrato in vigore all'epoca dei fatti.

Fatto non sussiste, dunque, e assoluzione dall'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, costata in primo grado la condanna ad undici anni di reclusione a Pantaleo Latino, 65 anni, di Nardò, ritenuto l’imprenditore che organizzava l’arrivo, la permanenza ed i turni di lavoro dei braccianti; Livio Mandolfo, 53 anni, di Nardò; Giovanni Petrelli, 56 anni, di Carmiano; Meki Adem, 58 anni, sudanese; Yazid Mohamed Ghachir, 50 anni, nato in Algeria, chiamato “Giuseppe l’algerino”;  Saeed Abdellah, 32 anni, sudanese; Rouma Ben Tahar Mehdaoui, 44 anni, tunisino; e Nizar Tanja, 41 anni, sudanese.

Assolti anche Marcello Corvo, 57 anni, di Nardò, ed Abdelmalek Aibeche Ben Abderrahma Sanbi Jaquali, 48 anni, tunisino, per i quali in primo grado era stata esclusa l’accusa di riduzione in schiavitù ed erano stati condannati a tre anni di reclusione ed all’interdizione di cinque anni dagli uffici pubblici, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla permanenza irregolare di stranieri, per sfruttarli nel lavoro nei campi.
Condannati per la sola accusa di estorsione Ben Mahmoud Saber Jelassi, 49 anni, tunisino (11 anni in primo grado), il cui soprannome di “Sabr” diede poi il nome all’inchiesta; ed  per Aiaya Ben Bilei Akremi, 35 anni, tunisino.
Sono difesi dagli avvocati Luigi Corvaglia, Fabio Corvino, Vincenzo Perrone, Antonio Palumbo, Francesco Galluccio Mezio, Giuseppe Cozza, Valerio Spigarelli, Nuzzo, Anna Sabato ed Amilcare Tana.

Il ribaltamento della sentenza di primo grado ha comportato di conseguenza l'annullamento di gran dei risarcimenti disposti dalla sentenza di primo grado. Come quelli previsti  per i sette braccianti costituitisi nel processo (fra i quali Yvan Sagnet, a capo della rivolta a Boncuri), assistiti dagli avvocati Viola Messa, Maurizio Scardia e Francesco Polo). E per i due operai che ne avevano fatto richiesta era stato disposto il versamento di una provvisionale di diecimila euro a testa. Parti civili anche la Regione (con l’avvocato Anna Grazia Maraschio), Cgil, camera del lavoro (con l’avvocato Vittorio Angelini), Flai-Cgil (con l’avvocato Viola Messa), e l’associazione Finis Terrae che gestiva la masseria Boncuri (con l’avvocato Maria Russo).
 
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